
La conferenza di Angelo Ghiretti sui primi risultati dello scavo nel territorio comunale di Corniglio

Un accampamento romano (con ogni probabilità risalente attorno al III secolo prima di Cristo) che si trova poco oltre il crinale dell’Appennino, non lontano dai confini del Comune di Pontremoli, dietro al Groppo del Vescovo, in un’area dal nome di Bora Malgara, che aveva il compito di presidiare i principali valichi appenninici dell’area, magari proprio durante la calata di Annibale in Italia. Questa è il suggestivo risultato illustrato da Angelo Ghiretti, direttore del Museo delle Statue Stele, nel corso di un incontro che si è tenuto sabato scorso al castello del Piagnaro. Convegno in cui sono stati presentati i risultati del saggio archeologico condotto nel settembre scorso a Bora Malgara nel comune di Corniglio.
Scopo della ricerca, accertare epoca e funzioni di una struttura rettangolare di 85 x 55 metri, elevata di circa un metro sul piano circostante. Tutto ha inizio dopo la scoperta della “Cisa Romana”, nel 2011, ovvero del passo naturale del Valoria di cui si è ampiamente parlato nel corso di questi ultimi anni, e da una domanda che Ghiretti, assieme al suo collaboratore Gianluigi Canale, si sono posti “se questo è il passo romano che cosa c’è intorno? C’è la possibilità che ci sia un sito collegato al passo?”.

Anche confrontandosi con la popolazione di Berceto sono venuti a sapere che a mezz’ora di marcia dal passo del Valoria, al centro di un ampio prato, c’era un qualcosa di artificiale, una piattaforma rettangolare rialzata di circa un metro rispetto al terreno circostante. Un luogo conosciuto dagli abitanti della zona e su cui erano incominciate a circolare negli anni varie leggende sul perché si fosse creato questo rialzo del terreno. Tra queste, una delle più simpatiche è che fosse una specie di balera, dove gli abitanti di Berceto e Corniglio si ritrovavano per andarci a ballare. Una prima indagine con sonda e carotaggi, effettuata dal professor Cremaschi, ha stabilito che il terreno era stato riportato. La terra era stata presa a monte e poi convogliata nel prato “un’opera imponente – ha evidenziato Ghiretti – con i mezzi moderni ci vorrebbe almeno una settimana di lavoro”. Tutto questo ha portato Ghiretti a credere che questo terrapieno fosse un “castrum romano”, ovvero un accampamento militare romano. Un forte romano in quella posizione non poteva che avere un unico scopo, quello di controllare militarmente il passo naturale dell’Appennino. Data queste premesse c’era ora da capirne la datazione.
Sono stati effettuati degli scavi in una sezione dell’area ed è risultato che la terra riportata è coperta da 15-20 cm di suolo “un centimetro di suolo si forma si forma in circa un secolo, il che vuol dire che ci troviamo di fronte ad un insediamento molto antico”. C’è poi lo strato uniforme terreno bianco, con il terreno riportato, e alla base ci sono delle specie di interruzioni che segnalano dove sono stati collocati i legni che servivano per realizzare una sorta di palizzata (alta 3-4 metri) con camminamento di ronda tutto intorno. Anche la datazione del carbonio 14 sui pur pochi reperti carbonizzati trovati, ha dato risultati significativi, datando i reperti a circa 2.250 anni dal presente. Collocando quindi la presenza del Castrum attorno al III secolo avanti Cristo, nel periodo Medio repubblicano.
Ghiretti ha quindi cominciato ad indagare nelle fonti romane per capire a cosa poteva servire un forte per chiudere la Cisa antica. La prima data potrebbe essere legata alle prime vittorie sui Liguri Apuani, attorno al 233 A.C., ma secondo Ghiretti è una data troppo lontana. È più convincente, per l’archeologo, quella del 225 quando un consorzio di Galli valicarono l’Appennino e si scontrarono con due legioni romane a Talamone, nell’attuale provincia di Grosseto. I romani vinsero e scacciarono i Galli, al punto che il console vincitore, Lucio Emilio Papo, li inseguì oltre l’Appennino. A quel punto è possibile che, per presidiare il territorio, sia stato realizzato il castrum per controllare militarmente il passo del Valoria.
Ma Ghiretti ha un’altra ipotesi, legata all’arrivo di Annibale in Italia. Siamo nel 218, Annibale attraversa l’Appennino (con ogni probabilità nella zona tra il bolognese e il modenese) con Polibio che racconta che le guide del condottiero cartaginese lo consigliarono di effettuare il valico in zone minori perchè i passi maggiori erano presidiati militarmente dai romani. Quindi, conclude Ghiretti, il castrum potrebbe essere un forte costruito nel periodo della seconda guerra punica. Poi nel 155, con la sconfitta definitiva dei Liguri Apuani e dei Galli Boi, l’area venne definitivamente pacificata ed il castrum abbandonato.
Riccardo Sordi