Mecenate dell’Università Cattolica, diresse il cotonificio di Forno e finanziò l’ampliamento dell’ospedale di Massa, la costruzione della scuola “San Filippo Neri”, l’ampliamento dell’orfanotrofio del Sacro Cuore. Contribuì anche alla realizzazione del Seminario di Aulla
Ernesto Lombardo (1854 – 1935)
I 100 anni dell’Università Cattolica e la beatificazione di Armida Barelli hanno riportato alla luce la figura del benefattore che in poche ore mise a disposizione il milione di lire che permise la realizzazione del progetto di ateneo; è un ricco industriale cotoniero profondamente legato a Massa, il conte Ernesto Lombardo che salvò il progetto della Barelli e di Padre Gemelli nelle ore convulse in cui il sogno di un ateneo cattolico stava per naufragare: trovato lo stabile per la sede dell’Università, i due promotori dovettero affrontare il “dietrofront” di un istituto bancario che si era reso disponibile a finanziare il progetto ma che, a poche ore dal termine per la stipula del contratto di acquisto dell’immobile, telegrafò la disponibilità a concedere il prestito “solo a Università inaugurata”.
Occorreva recuperare un milione di lire e occorreva farlo entro le 3 del pomeriggio. Il conte Lombardo si convinse in poche ore di elargire la somma dopo avere saputo dalla Barelli che il nascente ateneo sarebbe stato intitolato al Sacro Cuore di Gesù, di cui anch’egli era devoto. Ma chi fu questo mecenate, dotato di una fede operosa, terziario francescano, nato a Campomorone (Genova) nel 1854? Della sua vita giovanile si sa poco: rimasto orfano di padre, che gestiva un’osteria nel paese natale, studiò fino alla terza elementare e venne presto avviato al lavoro operaio in un cotonificio, dove evidentemente si fece notare per le sue doti che lo portarono a dirigere gli opifici della società De Angeli Frua a Novara e a Legnano. La vedovanza che lo colse precocemente e senza figli non interruppe una carriera imprenditoriale di successo che lo portò nel 1890 a Forno di Massa, alla direzione del Cotonificio Ligure.
Qui cominciò un rapporto con la terra apuana che durò quasi un quarantennio e in cui si espresse l’etica cristiana e la cultura d’impresa formatesi nella relazione di amicizia con Giuseppe Toniolo, economista e massimo esponente del nascente cattolicesimo sociale italiano, più volte in visita a Forno (descritto in una lettera come “la Svizzera apuana alle sorgenti del Frigido”). Il canonico Angelo Ricci, archivista della Curia di Massa, curò in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Lombardo, un volume a più mani a ricordo del conte, di cui documentò l’operosità in terra apuana (“Il Conte Ernesto Lombardo a 50 anni dalla sua morte” edito dal Centro studi storia locale della Basilica Cattedrale di Massa).
Tra il 1891 e il 1923 il conte finanzia a più riprese l’ampliamento dell’ospedale cittadino, dotandolo di un sanatorio e di una sala operatoria; nel 1909 sostiene la costruzione della scuola dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la “San Filippo Neri”; nel primo decennio del secolo provvede al restauro e all’ampliamento dell’orfanotrofio del Sacro Cuore, che nel 1928 viene trasferito nel grande edificio di Ronchi. È sempre con il contributo fattivo di Lombardo che sorge l’Istituto femminile del Sacro Cuore di Carrara, che si costruisce il Seminario di Aulla e si restaura quello di Massa. Il terremoto del 1920 lo vede attivo negli aiuti alle famiglie terremotate di Garfagnana e Lunigiana, mentre al Bondano fa costruire la colonia “Villaggio Cadorna” per gli orfani della Grande guerra, gestita dalla Croce Rossa. Anche nelle altre realtà dell’Italia settentrionale in cui opera, Lombardo si rende protagonista di elargizioni e atti di generosità. Ottantenne si ritira a Villa Paganini, a Vigatto (Parma), una residenza da lui stesso trasformata in ospizio per bisognosi dove nel 1935 muore, dopo avere disposto la donazione di tutti i suoi beni.
L’esperienza di imprenditoria sociale della Filanda di Forno
La Filanda di Forno (Massa) agli inizi del Novecento
Nel 1891, quando alla Filanda di Forno prende avvio la produzione sotto l’amministrazione del Conte Lombardo, la questione operaia agita l’Italia intera. Il cotonificio della valle del Frigido, alle pendici delle Alpi Apuane diventa in quel periodo la più grande realtà produttiva della provincia: nel 1893 gli occupati sono 798. A dati occupazionali così importanti, tuttavia, non corrispose un ruolo protagonista delle maestranze dell’opificio nelle rivendicazioni operaie di quegli anni, che nell’area apuana furono particolarmente accese e sfociarono nel 1894 nei sanguinosi moti di Lunigiana. Lo storico Lorenzo Gestri attribuì l’inerzia del mondo operaio di Forno alla scarsa politicizzazione di una manodopera che, al contrario di quella delle sovrastanti cave, era in larga maggioranza femminile: nel 1903 le donne e le ragazze impiegate nell’opificio erano 680 su 850 occupati complessivi.
È una tesi che tuttavia non può fare passare inosservato che alla Filanda una eventuale spinta rivendicativa si sarebbe dovuta confrontare con l’innovativo modello di fabbrica che Lombardo costituì mentre il suo amico Toniolo sviluppava il primo nucleo della sociologia cattolica e con la Rerum Novarum Leone XIII teorizzava nuovi rapporti tra le classi sociali. Il conte costituì a Forno un convitto femminile per le lavoratrici più giovani che vi arrivavano anche da molto lontano, affidato alle suore Salesiane.
Nacquero anche un asilo per i figli dei dipendenti e due complessi di case operaie, le prime della provincia. La centralina elettrica costruita per l’opificio erogava corrente anche ai due villaggi operai e forniva energia per la pubblica illuminazione. La ferrovia a scartamento ridotto costruita per il trasporto delle merci dai magazzini di Massa fino allo stabilimento era dotato di vagoni passeggeri per consentire alle maestranze di scendere agevolmente a valle. Lombardo, personalmente, erogava ai dipendenti, secondo alcune ricostruzioni, carbone e generi alimentari. Il cotonificio di Forno chiuse nel 1942 colpito dalla crisi economica e industriale della fine degli anni Trenta e nel 1944 venne distrutto dai nazifascisti nel giorno del tragico eccidio che segnò per sempre la vita del paese, ma rimane un esempio di imprenditoria sociale la cui memoria, a livello locale, non merita di essere dispersa. (d.t.)