

“Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”: è una frase giusta, che mi sento di applicare ad alcuni fatti emersi dopo l’adunata degli Alpini a Rimini e che, se denunciati alla magistratura, saranno accertati. Sgombriamo subito il campo: se queste cose vengono provate la condanna è e deve essere totale. Non può essere ammessa alcuna forma di giustificazione del tipo “hanno alzato un po’ il gomito”, oppure “hanno scherzato, solo qualche battuta…”.
Sicuramente qualcosa può essere avvenuto, ‘qualche albero può essere caduto’ ma in una foresta può accadere, anche se non deve. Occorre poi verificare se l’albero era autoctono oppure allogeno perché penso che il problema dei grandi raduni si faccia sempre più ampio e più urgente quanto a infiltrazioni che comportano forme di violenza, brutalità, sopruso. C’è anche da considerare e da tenere presente una sensibilità crescente del mondo femminile che però contrasta con la tendenza dei social e dei mezzi di comunicazione, che continuano ad usare il corpo della donna come merce a servizio dell’economia e dell’audience.
Per esperienza personale – dal 1970 ho partecipato a tutte le adunate nazionali dell’Associazione Nazionale Alpini esclusa questa per Covid – posso dire che mai ho notato fatti come quelli dichiarati, anche perché c’è la costante raccomandazione ai capi Gruppo di vigilare che i componenti che partecipano abbiano un contegno e una disciplina mai fuori dalle righe. Ma bisogna riconoscere che qualche alpino possa esagerare, soprattutto nel linguaggio.
L’azione di controllo delle adunate è affidato al Servizio d’Ordine Nazionale (S.O.N.) dell’A.N.A., che assicura, o dovrebbe assicurare come avviene da oltre 40 anni, il regolare svolgimento della Adunata: sono oltre 200 alpini appartenenti a tutte le Sezioni e divisi in squadre. Nei giorni precedenti, in particolare nelle ore della vigilia, queste hanno il compito di vigilanza nella città e sono in grado di attuare azioni di pronto intervento grazie al collegamento radio con la centrale del Servizio e con il personale delle camionette dislocate nelle varie zone.
Penso che questo organismo debba essere ampliato di molto per rispondere anche alla accresciuta sensibilità. Comunque, il ruolo del capo Gruppo rimane indispensabile. Certamente non può rispondere anche degli abusivi infiltrati che si comprano un cappello a una bancarella, acquistando così la licenza di fare ogni brutalità, coperti dall’insegna del raduno, tanto da far gridare sui social “basta raduni alpini”, “no alla prossima adunata a Udine”. Non penso sia questa la soluzione, anche perché vorrebbe dire arrendersi alla violenza e annullare ogni manifestazione di massa, pensando così di risolvere il problema. Sarebbe come dire che basta rompere il termometro per far passare la febbre. Nessuno mi toglie dalla mente che il grave problema della morale sia ora più che mai una emergenza assoluta.
Edamo Barbieri