

Negli ultimi due anni, l’isolamento legato alla pandemia da Covid 19 ha aggravato le condizioni delle persone affette da autismo e complicato ulteriormente la vita di tante famiglie italiane che si trovano ad affrontare ogni giorno le difficoltà che il convivere con una tale condizione comporta. “La Giornata della consapevolezza sull’autismo”, celebrata il 2 aprile scorso, non ha solo illuminato di blu i principali monumenti del Paese, ma soprattutto è servita a richiamare l’attenzione della classe politica e di tutti i cittadini su questa specifica forma di disabilità, allo scopo di superare la cultura, ancora diffusa e pericolosa, dell’emarginazione. Non sono mancate le voci di papa Francesco – che ha definito quello offerto dalla Fondazione Italiana Autismo “un contributo alla lotta contro la cultura dello scarto, tanto diffusa nella nostra società protesa alla competizione e al profitto” – e del presidente Mattarella, i quali hanno sottolineato che il livello di civiltà di un popolo e di uno Stato si misura dalla capacità di assicurare inclusione, pari opportunità e piena partecipazione alla vita pubblica alle persone disabili.
“Fondamentale incrementare gli sforzi, ha detto capo dello Stato, affinché l’accesso alle strutture didattiche, lavorative, sociali… e, in generale, l’esercizio dei diritti fondamentali siano garantiti a tutti, senza frapposizione di barriere al godimento di essi”. Mattarella ha poi espresso apprezzamento per le iniziative di supporto alle famiglie e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che le associazioni portano avanti con competenza e responsabilità. In Italia un bambino su circa 80, fra i 7 e i 9 anni, presenta un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore sui maschi. La scuola può fare molto per questi bambini in quanto esiste una eccellente legislazione in tema di integrazione scolastica.
Naturalmente occorre che le normative vengano messe in pratica con rigore ed attenzione alle specifiche condizioni degli alunni e delle famiglie che sopportano l’impegno principale, per rendere le aule luogo di incontro con le varie disabilità, permettendo ai giovanissimi di educarsi all’accoglienza e alla convivenza “alla pari”, riscrivendo nel tempo presente, in cui regna l’individualismo, una vera e propria storia umana inedita. Va detto che, negli ultimi anni, è cresciuta la consapevolezza della dignità di ogni persona, grazie anche all’impegno delle istituzioni civili e della comunità ecclesiale, ma permangono atteggiamenti di rifiuto a causa di mentalità narcisistiche ed utilitaristiche.
È nostro dovere farci carico delle situazioni di marginalità, perché non ci sono vite di serie “A” e di serie “B”: c’è la vita senza distinzioni. Da amare, sostenere e supportare affinché ogni persona esprima al meglio le proprie potenzialità, accompagnata da percorsi di crescita, a vantaggio dell’integrazione sociale. Senza scordare che tutti possiamo trovarci a rischio di “fragilità”.
(Ivana Fornesi)