Con questo giudizio di Eugenio Montale lo ricordiamo nel centenario della nascita. è stato un’originale e forte voce della stagione neorealista italiana tra Resistenza e mondo contadino
Beppe Fenoglio (Alba 1 marzo 1922- 18 febbraio 1963) è un’originale e forte voce della stagione neorealista italiana, una personalità profonda, maturata in ampi interessi culturali, prevalente quello verso la letteratura inglese che lo impegnò anche in ottimi lavori di traduzione. Impiegato in un’azienda enologica, fu stroncato dal cancro a soli 41 anni, affrontò la malattia allora del tutto incurabile con eroica dignità, scrisse ad un amico “Pazienza, bisogna essere disponibile”.
La passione di scrivere si concretizzò su due orizzonti: la Resistenza e il mondo contadino delle Langhe, la terra di ambientazione dei suoi scritti e del suo abitare. Il tema resistenziale è la materia de I ventitrè giorni della città di Alba, Primavera di bellezza, Una questione privata, Il partigiano Johnny. Alba fu liberata dai partigiani e a breve riconquistata dai fascisti nell’autunno del 1944: dell’evento storico Fenoglio dà una rappresentazione vera con tutta l’improvvisazione dei partigiani contrapposta alla tracotanza dei fascisti, non si fa rappresentante o giudice dei fatti e si distingue dai narratori che hanno celebrato la Resistenza sconfinando anche nel moralismo, nella retorica e nell’ideologia.
Nel rifiuto della dimensione celebrativa – forse con suggestione da Calvino de Il sentiero dei nidi di ragno – prende campo una trascrizione esistenziale e drammatica della storia e delle singole persone: “le scelte, il caso, la morte, la violenza, l’amore sentito come struggente disperazione” sono la visione della vita di Fenoglio, non solo in relazione alla vicenda della Resistenza (evento del quale è stato uno degli attori) ma alla vita normale. I partigiani che per 23 giorni, senz’aiuti esterni, liberarono la città di Alba sono interpretati con lucida ironia, con fedele memoria di tutti i valori morali, con commozione e con furia, ma incombe la morte come naturale conclusione.
Il romanzo Primavera di bellezza fa riferimento a molte esperienze personali, il protagonista è un giovane studioso di letteratura inglese in addestramento nel regio esercito, alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943 è a Roma. Dopo varie peripezie ritorna al Nord e si unisce a un gruppo di partigiani, assume nome Johnny, presto trova la morte durante un’imboscata contro tedeschi. La sua è un’accettazione irrazionale e passiva degli ideali di lotta della Resistenza, poco lo sfiorano i sintomi di disordine civile e morale attraversato dall’Italia nel 1943, rimane chiuso nel cerchio magico dei suoi ricordi. Fenoglio sfoga il suo oggettivo risentimento contro il grande inganno fatto dal regime fascista che non preparò un esercito adeguato alla situazione di guerra, e poi contro l’inganno badogliano di averlo consegnato in mano ai tedeschi.
Con linguaggio di rara virulenza scolpisce lo sfacelo in cui furono abbandonati i soldati. Johnny è il disadattato che è eroe solo in quanto muore gratuitamente. La morte è certamente liberazione dal groviglio dei fatti, però è sconfitta della lotta civile contro la barbarie. Ispirato alla Resistenza è il romanzo postumo e incompiuto Il partigiano Johnny e anche Una questione privata, nel quale si interseca più forte il motivo amoroso, la fine dell’illusione. Milton il protagonista teme che l’anima dell’amata Fulvia non gli appartenga più, è una narrazione che rimanda al Paradiso perduto di Milton, a Proust, a Foscolo, all’inafferrabile Angelica ariostesca. I fratelli Taviani ne hanno fatto un bel film.
Fenoglio è rimasto sempre langarolo. Nel romanzo La malora rappresenta dall’interno, senza il filtro mitico pavesiano, la realtà dei braccianti sfruttati: è una vita di malora ma migliorabile con la fatica del lavoro. In questa opera, tra le più valide del Neorealismo, Fenoglio riesce in un’operazione stilistica difficile: conia un linguaggio duro, carico di tensione, consono alla violenza di rapporti che nasce dalla miseria di quel mondo. Racconti piemontesi che fanno fiorire poetiche liberazioni (G. Contini).
Maria Luisa Simoncelli