Rapporto Migrantes 2021. Ad inizio anno gli italiani residenti all’estero erano 5,6 milioni
Torna l’annuale appuntamento con la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato martedì a Roma. “Una mobilità, quella degli italiani – spiegano mons. Gian Carlo Perego e don Giovanni De Robertis, presidente e direttore generale della Fondazione – che incrocia nel globo quella di tanti uomini e donne provenienti dai luoghi più diversi segnando la nostra storia di popolo e di nazione, come ben sta mettendo in evidenza annualmente il Rapporto Italiani nel Mondo sin dalla sua prima edizione nel 2006”. È curioso che il numero degli italiani nel mondo sia circa pari al numero degli immigrati in Italia. “La mobilità ha cambiato noi e il nostro paese – spiegano – e può essere considerata l’elemento più importante di cambiamento sociale, economico, culturale, anche religioso dell’Italia degli ultimi decenni. Purtroppo, però la mobilità non è stata sufficientemente governata: non solo la mobilità degli italiani nel mondo, ma anche quella dei ‘nuovi italiani’, dei migranti arrivati per lavoro, per studio, per ricongiungimento familiare o per protezione internazionale”.
Secondo l’ISTAT, a inizio 2021, gli stranieri residenti in Italia sono poco più di 5 milioni: dopo venti anni di crescita anche la popolazione straniera non riesce più a compensare l’inesorabile “inverno demografico” italiano. Considerando i diversi mesi di lockdown vissuti a livello nazionale, e internazionale, per molti è stato impossibile spostarsi e questo ha inciso fortemente sui dati relativi all’andamento migratorio italiano, sia interno che verso l’estero.
L’Italia, dunque, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona e quella immigrata non crescono; cresce solo quella fuori dei nostri confini formata da cittadini italiani iscritti o meno all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.
Al 1° gennaio 2021 la comunità dei nostri connazionali residenti all’estero conta 5.652.080 unità, quindi il 9,5% dei 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Ma se la Penisola ha perso 384 mila residenti, nell’ultimo anno la nostra presenza all’estero è cresciuta del 3% . È la Sicilia la regione più rappresentata all’estero con oltre 798 mila iscrizioni; seguono Lombardia (561 mila), Campania (531 mila), Lazio (489 mila), Veneto 479 mila) e Calabria (430 mila). Le tre più grandi comunità di italiani iscritti all’AIRE sono in Argentina (884.187, il 15,6% del totale), in Germania (801.082, 14,2%) e in Svizzera (639.508, 11,3%). Poi ci sono le comunità residenti in Brasile (circa 500 mila, 8,9%), in Francia (444 mila, 7,9%), nel Regno Unito (412 mila, 7,3%) e negli Stati Uniti (290 mila, 5,1%).
Si diceva della pandemia da Covid-19: pur in presenza di essa la mobilità degli italiani non si è arrestata, ma ha subito un ridimensio-namento nel numero dei connazionali che hanno lasciato l’Italia nel 2020 che sono stati 109.528, oltre 21 mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-27,8% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Continua a crescere invece il numero dei giovani tra i 18 e i 34 anni (42,8%) che partono.
Roma, 9 novembre: la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo 2021
Il 78,7% di chi è partito lo ha fatto scegliendo l’Europa e le partenze verso il Regno Unito sono addirittura aumentate; delle oltre 33 mila iscrizioni oltre la Manica, il 45,8% riguarda italiani tra i 18 e i 34 anni, il 24,5% interessa i minori e il 22,0% sono giovani-adulti tra i 35 e i 44 anni. Si tratta, quindi, della presenza italiana tipica: giovani e giovani adulti, nuclei familiari con minori che la Brexit ha obbligato a far emergere attraverso la procedura di richiesta del settled status, permesso di soggiorno per chi può comprovare una residenza continuativa su territorio inglese da cinque o più anni.
Gli italiani, quindi, durante l’annus horribilis della pandemia hanno dovuto decidere se partire o meno; una parte ha preferito rinviare il progetto migratorio – e da questo deriva la riduzione del numero complessivo delle partenze – ma un’altra parte ha deciso comunque di non rinviare la decisione e, quando possibile, ha scelto di “restare vicino” e quindi in Europa.
Quando si parla di italiani all’estero non si può trascurare il tema delle pensioni; anche in questo caso l’effetto pandemia si è riscontrato con riferimento all’incremento del numero di pensioni eliminate per decesso nel 2020 rispetto al 2019. In Italia tale aumento è stato pari al 15,2%; all’estero, invece, la variazione si ferma a circa il 2%. È ragionevole presumere che la variazione più significativa sarà colta nel corso dell’anno 2021 quando saranno consolidati i dati relativi alle verifiche dell’esistenza in vita. Nel corso del 2020, comunque, l’INPS ha pagato in tutto 13.816.971 pensioni, il 2,4% all’estero (330.472). Una percentuale che ha un valore molto importante perché si tratta di un fenomeno in continua espansione visto il costante aumento di partenze di italiani per l’estero. Una scelta che si compie per seguire i figli che hanno trovato lavoro fuori dall’Italia, per beneficiare dei vantaggi fiscali offerti da altri Stati, o, semplicemente, per godere di un clima o di un ambiente differente da quello che si è lasciato alle spalle. Ci saranno sempre nuove pensioni da liquidare a favore di chi decide di rimanere in un paese estero. E considerato che molti degli attuali emigrati rientrano nella fascia d’età 40-60 anni le pensioni interessate dalla totalizzazione internazionale sono destinate molto presto ad aumentare in modo considerevole.