Per Aulla l’alluvione fu un avvenimento doloroso che stenta ad essere compreso

Due vittime, Enrica Pavoletti e Claudio Pozzi. Il tessuto economico colpito duramente. Luoghi di cultura spazzati via

Un avvenimento doloroso del passato può essere ricordato per svariati motivi: può essere il fondamento del proprio futuro quando fa emergere energie prima sopite. Può essere il ricordo di un evento da esorcizzare per allontanare la prospettiva logorante del pensiero di un suo ripetersi. Può essere l’occasione per ricordare solidarietà che si sono sviluppate per aggrapparci ad un senso di appartenenza. Certamente chi è stato colpito direttamente nel lutto o nella devastazione della propria abitazione e della propria attività ha vissuto in modo molto intenso e profondo la perdita delle persone, la perdita delle proprie cose e di un pezzo della propria storia, magari tenuta in cantina.
Ma ciò che ha vissuto dolorosamente Aulla come Città stenta ad essere visto e compreso anche a distanza di anni. Proviamo a ripercorrere non tanto l’evento ma il suo parallelismo di significato con la vicenda del Covid: le chiusure forzate delle attività commerciali e dei centri culturali del paese, cinema, teatri. Innanzitutto c’è una prima vittima sacrificale: il tessuto economico della città.
Ciò che veniva rappresentato ed era il potente motore della città fino agli anni 90, cioè il suo commercio, era già stato indebolito dalla tendenza generale alla globalizzazione, con l’evento alluvionale ha visto chiudere o ridimensionate decine di attività, con il Covid un’altra decina di attività non ha più riaperto in un nefasto effetto a catena. In un attimo, nel dopo evento, nella ricostruzione, ci si sarebbe dovuti rendere conto che tutto ciò che rendeva ricca economicamente Aulla poteva scomparire da un momento all’altro e dovevano essere messe in campo contromisure. Una sorta di reazione morale della città.
Tutto questo non c’è stato! Era evidente che la città era stata colpita ed aveva saputo rispondere con slanci tanto di volontariato e di solidarietà, ma aveva mancato di considerare che ciò che sarebbe venuto a mancare sarebbe stata la sua unica fragile identità: quella di Aulla come centro del commercio lunigianese. Non l’hanno compreso gli aullesi stessi, non l’hanno compresa i tanti lunigianesi che si fermavano un tempo ad Aulla a fare compere e che oggi passano in auto intasando le due statali senza degnarsi di una sosta nella città della loro Lunigiana preferendo alimentare le attività economiche fuori zona.
La seconda vittima sacrificale è stata la perdita di due centri di aggregazione culturale: Biblioteca e Sala Polifunzionale. La biblioteca era un luogo molto frequentato da tutti. In primis dagli studenti, ma anche dagli universitari. Era “Il Luogo” che rendeva visibile la voglia di riscatto dei giovani. La sala Polifunzionale era l’unica sala che potesse ospitare eventi organizzati dalle eroiche e troppo strumentalizzate associazioni di volontariato. Tutto questo mondo troppo fragile ha ricevuto un colpo durissimo.
L’evento dell’alluvione, che poteva essere svelatore di noi stessi, dell’identità colpita di una città troppo rassegnata, troppo pigra e fatalista anche quando si trattava di scegliere il suo futuro, ha invece fatto cadere il velo di una città che semplicemente non esisteva, mostrando una solidarietà che si manifesta a parole e nei sentimenti ma che manca il suo obbiettivo quando si tratta di fare scelte economiche o culturali che la orientino.
Ora la memoria di un evento non può essere semplicemente l’accettazione di questa rassegnazione ma dovrebbe diventare una sorta di motivo scatenante per fare argine non solo a quelle acque devastatrici ma a quelle più subdole che continuano a fare danni anche oggi.

Stefano Gaffi