
Tempo di raccolti in piena emergenza ungulati. E le soluzioni sembrano ancora lontane
Da anni la Lunigiana deve convivere con quella che, forse da troppo tempo, viene definita “emergenza cinghiali”, ma che ora emergenza sembra esserlo davvero. Forse perché il tempo dei raccolti e, come in queste settimane, della vendemmia rende la presenza degli ungulati ancora più devastante per il territorio, sta di fatto che ormai la sensazione è quella di essere assediati in casa propria. Alberi da frutta “masticati” dai caprioli proprio sotto l’abitazione, prati “arati” dai musi dei cinghiali, campi e filari distrutti; per non parlare poi di tassi, istrici etc… Le iniziative prese per mitigare il problema non sembrano aver raggiunto l’obiettivo, visto che la presenza – e quindi i danni – apportati alle colture dagli animali selvatici sembrano essere in aumento. Tutti sembrano esserne consapevoli – amministratori locali e associazioni di categoria su tutti – ma nessuno riesce a trovare la strada giusta per iniziare a risolvere il problema.
Nel luglio scorso la Coldiretti di Massa Carrara aveva anche chiesto e ottenuto un incontro con il prefetto, Claudio Ventrice, perché fosse questa istituzione – deputata ad affrontare le emergenze – a svolgere la regia delle azioni di contenimento degli ungulati. La presidente provinciale, Francesca Ferrari, con il direttore dell’associazione, Alessandro Corsini, avevano presentato un quadro della situazione davvero preoccupante come del resto emerso dalla manifestazione regionale che si era svolta a Firenze poco prima. Un quadro che, all’interno della cornice rappresentata dalle norme che tutelano la fauna selvatica e regolano la caccia, raffigura davvero l’assedio per alcune situazioni. Del resto i cinghiali che frequentano strade cittadine, parchi giochi, aree verdi, sponde dei fiumi e spiagge ormai quasi non fanno più notizia. Una delle proposte avanzate era quella che fossero direttamente i contadini, debitamente autorizzati a provvedere alla cattura degli animali “nocivi”, nel rispetto delle norme vigenti ma riducendo al minimo i vincoli e gli ostacoli burocratici. A distanza di due mesi non sembra sia cambiato nulla e adesso, tra campi di mais e viti cariche d’uva, il problema torna ad esplodere nel peggiore dei modi, ma le soluzioni sembrano di là da venire, anche perché quest’anno il rinvio dell’apertura della stagione di caccia potrebbe aggravarlo ulteriormente. La scorsa settimana ne hanno parlato gli amministratori dei quattordici Comuni della Lunigiana – sindaci o loro delegati – collegati in videoconferenza con i funzionari della Regione Toscana alla quale spetta la regolamentazione del prelievo degli animali selvatici e, nel caso specifico, della caccia. Una riunione al termine della quale non c’era soddisfazione, anche perché è stato ribadito da Firenze che la Lunigiana nel 2015 è stata individuata come area vocata al cinghiale, e dove dunque la caccia non può durare più di tre mesi. Un periodo ritenuto a livello locale insufficiente a sfoltire il numero dei capi presenti e che si è ridotto ancora di più a causa delle limitazioni per l’emergenza sanitaria da Covid-19 che lo scorso anno ha portato ad una diminuzione importante del numero delle battute.

A quanto pare per allungare il periodo venatorio si dovrebbe eliminare la caratteristica di “area vocata” al cinghiale, ma non sarà un percorso né semplice né breve. Intanto nella stagione venatoria che si sta aprendo la caccia al cinghiale è prevista per tre mesi tra il 2 ottobre e il 31 gennaio. “Nella riunione con la Regione abbiamo preso accordi per un nuovo incontro – sottolinea la sindaca di Filattiera Annalisa Folloni – che ci permetta di affrontare il problema nella sua complessità e che coinvolga anche le associazioni di categoria e il mondo della caccia. L’argomento è molto serio: in molte zone gli agricoltori non hanno neppure vendemmiato, ma nel prossimo furuto potrebbe esserci anche un problema sanitario visto che si calcola che in Toscana ci siano 200mila cinghiali e questi potrebbero anche essere portatori di malattie trasmissibili all’uomo”. A Filattiera, a differenza di altri territori, il Comune con la Provincia ha organizzato anche battute di caccia straordinarie, ma sono servite solo ad alleviare una situazione non più sopportabile.
“Il problema va affrontato e risolto in modo serio – spiega il vicesindaco di Pontremoli Manuel Buttini – modificando radicalmente le politiche venatorie della Regione Toscana. È inutile parlarne ogni anno solo quando ormai siamo nel bel mezzo dell’invasione!” Coldiretti, da parte sua, sottolinea come la soluzione sia quella di modificare la legge nazionale 157 del 1992 che fissa le norme per la protezione della fauna selvatica e il relativo prelievo venatorio. Sembra chiaro a tutti che in trent’anni la situazione è cambiata molto (territori spopolati e inselvatichiti, aumento abnorme della presenza di alcune specie come appunto cinghiali e caprioli) ed è quindi ormai chiaro che la legge vada adeguata. (p. biss.)