
Lavoro da remoto ma anche innovazione, formazione e imprenditorialità: nelle sale del Seminario uno spazio di lavoro condiviso su cui puntare e investire

Già da qualche anno si stanno diffondendo in tutta Italia e adesso è arrivato uno spazio di coworking anche in Lunigiana, a Pontremoli. Merito dei giovani riuniti attorno all’associazione “Farfalle in Cammino”, il nuovo spazio di lavoro condiviso si pone in continuità con l’iniziativa, portata avanti dalla stessa associazione, di attrarre a Pontremoli nuove persone, affascinate dalla vita in un piccolo borgo ma nello stesso tempo occupati in impieghi sviluppabili in modalità smart working. Il nuovo spazio si trova nelle sale del Seminario minore: 8 postazioni – presto potrebbero diventare 15 – con sedie ergonomiche, pannelli divisori, gli arredi necessari, gli allacci telefonici e una sala riunioni. In questo spazio – che non deve essere confuso con un banale internet point dove si andava a navigare prima delle connessioni su smartphone – è possibile lavorare da remoto con la garanzia di una postazione confortevole, con una linea dati ad alta prestazione, pagando una quota per il servizio. Insomma, una risposta a chi sarà messo in condizione di proseguire lo smart-working o il telelavoro anche dopo che la pandemia sarà alle spalle, ma anche per studenti universitari alle prese con l’apprendimento a distanza.

Ma non è solo questa la funzione di uno spazio di coworking. I fruitori di questi servizi possono essere non solo lavoratori dipendenti, ma anche partite Iva individuali o titolari di microimprese, che oltre a portare avanti le loro attività nella stessa sede di lavoro, possono condividere utenze o servizi di segreteria abbattendo costi fissi talvolta rilevanti come quelli di una sede propria in affitto. Non solo: possono condividere informazioni, prestarsi consulenze o anche dare vita a nuove realtà imprenditoriali, soprattutto nel settore delle nuove tecnologie. Casi del genere non mancano, tant’è che questi spazi sono assimilabili a “incubatori di imprese”, luoghi cioè dove si offrono servizi per il lancio di “start-up”, cioè nuove imprese che si affacciano sul mercato. C’è poi una terza funzione che riguarda gli spazi di coworking: quella di realizzare al loro interno corsi di formazione su competenze digitali o anche percorsi di avviamento all’imprenditorialità. Il tema che si apre a questo punto è quello dell’utenza: c’è una richiesta di utilizzo di questo servizio? Un interrogativo non da poco, se si pensa che nella ben più centrale Sarzana, “Talent Garden”, lo spazio coworking allestito nel 2016 nella sede dell’ex Tribunale da un pool di imprenditori e professionisti locali, alzò bandiera bianca e chiuse nel febbraio 2020 per scarsa attrattività. Da allora, però, la pandemia ha stravolto molte certezze che sembravano immutabili e i risultati, nel medio periodo, potrebbero essere diversi da quelli dell’esperienza sarzanese. I promotori dell’iniziativa pontremolese sono partiti sulla scorta di una indagine dei fabbisogni compiuta lo scorso dicembre. In fase di progettazione rilevarono un fabbisogno a livello locale di 27 utenti tra Pontremoli (12), resto della Lunigiana (9) e 6 persone provenienti da fuori dal territorio locale. Il 40% userebbe il servizio tutto l’anno, un terzo solo per alcuni mesi: numeri ritenuti incoraggianti dai promotori che hanno deciso di aprire, favoriti anche dalla sinergia economica con il Seminario. Il tema dei costi, infatti, non è secondario. Nel caso pontremolese, la natura non profit del progetto e la partnership con il Seminario, che si è fatto carico di una quota rilevante dei costi, consentono di offrire il servizio a prezzi accessibili. Ma per consolidarsi, progetti come questo hanno bisogno del sostegno delle amministrazioni pubbliche: da un lato perché a tutti gli effetti gli spazi di lavoro condiviso in futuro saranno sempre di più un servizio sociale, a maggior ragione in zone periferiche. Dall’altro perché rispetto agli obiettivi che queste realtà perseguono (incentivare la formazione e sostenere l’imprenditorialità innovativa, spesso giovanile) la politica dovrebbe sentirsi chiamata a collaborare. (Davide Tondani)
Accoglienza e comunicazione alla base dell’ok del Seminario

Può sembrare inusuale che una struttura ecclesiastica come il Seminario , accolga un progetto come quello di uno spazio di coworking, normalmente progettato e finanziato da enti pubblici e/o consorzi di imprese e associazioni imprenditoriali. Padre Dario Ravera, da 6 anni rettore del grande complesso diocesano, ha accolto con convinzione la proposta di ospitare il progetto nel momento in cui ha investito nel cablaggio di parte dell’edificio una quota dei fondi che il compianto rettore don Vito Zani ha donato al Seminario con un lascito testamentario. Accoglienza e comunicazione sono le due parole che il rettore ha usato per spiegare il suo “sì” all’idea del coworking. “Il Seminario è indirizzato ad essere luogo di accoglienza a 360 gradi: dei pellegrini della via Francigena, di persone immigrate in cerca di integrazione, degli alunni che scelgono di studiare nel nostro liceo”, afferma il rettore. “Accogliere – prosegue – significa anche aprirsi alle nuove forme di lavoro e di imprenditorialità, questo è il senso di un progetto come quello del coworking, che rappresenta anche una nuova forma di comunicazione”. Come centro culturale il Seminario è infatti luogo di comunicazione, ci dice Padre Ravera: “si pensi al patrimonio librario della biblioteca e al laboratorio di conservazione dei libri antichi; la Rete e il suo impiego per scopi lavorativi e imprenditoriali rappresenta una nuova forma di comunicazione a cui una struttura ecclesiale come la nostra non può non guardare con attenzione”. (d.t.)