La Toscana promette sviluppo per le aree montane tramite i fondi post-pandemia

Ma agli Stati generali della montagna la vicepresidente Saccardi avverte: per accedere al Recovery fund occorre avere velocemente progetti pronti e esecutivi

Una suggestiva immagine di uno scorcio montano all'interno del Parco Nazionale dell'Appennino
Una suggestiva immagine di uno scorcio montano all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino

La crisi delle aree montane e interne è un dato di lungo periodo che arriva da lontano, anche in Toscana. Ma gli investimenti che saranno possibili grazie al PNRR, e un nuovo modello di sviluppo fondato su sostenibilità ambientale, digitale (ovvero smart economy e smart working) e inclusività (cioè servizi sociali decentrati), costituiscono un’opportunità per la rinascita di quei territori. È quanto emerge, con molta enfasi ed un eccesso di ottimismo, dagli Stati generali della Montagna organizzati dalla Regione Toscana assieme ad Anci Toscana, lo scorso 30 giugno. Sorvolando sul fatto che si è deciso di parlare di montagna nel centro di Firenze e non dandosi appuntamento in qualche realtà appenninica ma, l’incontro nel capoluogo regionale è giunto al termine di diciotto incontri che da gennaio a giugno si sono succeduti con 17 delle 22 Unioni comunali sparse in Toscana. In queste realtà della Toscana vivono 1 milione e 140 mila cittadini, circa il 30 per cento della popolazione regionale. Tra questi in 576 mila vivono in comuni montani. Negli ultimi quarant’anni quei territori hanno perso l’11 per cento dei residenti, anche quando la Toscana nel suo complesso vedeva aumentare la propria popolazione.

Demografia come prima sfida, quindi: se i sindaci (la Lunigiana era rappresentata dal primo cittadino di Tresana, Matteo Mastrini, uno dei relatori nel focus group sui servizi essenziali) hanno evidenziato la necessità di investire per offrire servizi scolastici, sanitari, digitali, infrastrutturali che permettano di colmare il divario con le città e permettano a chi vive questi territori di vivere, lavorare, studiare, spostarsi, il Presidente della Regione Eugenio Giani ha parlato della necessità di investimenti e progetti mirati che siano in grado di intercettare le risorse a disposizione. Chiaro il riferimento alle opportunità del PNRR, su cui si è soffermata la vicepresidente della Regione Stefania Saccardi: “il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza ha messo a disposizione le risorse che saranno indispensabili per investire nei territori montani per contrastare lo spopolamento e valorizzarli. Ma per accedervi – ha proseguito Saccardi – dovremmo avere progetti pronti e esecutivi, altrimenti le perdiamo”. Un tema non da poco, quello sollevato da Saccardi: come rilevato dall’IRPET, l’istituto di ricerche economiche della Regione, molti degli ambiti del PNRR interessano le aree periferiche e montane, ma gli enti locali sono spesso privi delle competenze per affrontare l’iter di un bando: o perché sottodimensionati in termini di personale, o perché alcune specializzazioni non rientrano nelle competenze dei comuni stessi, neppure in forma associata.

Un suggestivo paesaggio della Valle del Lucido. Incastonata nelle montagne, si può scorgere in basso il paese di Equi
Un suggestivo paesaggio della Valle del Lucido. Incastonata nelle montagne, si può scorgere in basso il paese di Equi

C’è quindi un rischio: sebbene le amministrazioni locali siano l’entità più efficace nella raccolta e segnalazione dei bisogni, per molti territori montani potrebbe essere difficile anche la sola partecipazione ai bandi e la successiva rendicontazione degli interventi. Si tratta di un campanello di allarme anche per la Lunigiana e per la sua Unione di Comuni montani (a cui sono associati tutti gli i comuni tranne Pontremoli), della quale IRPET ha tracciato, nelle schede preparatorie, un quadro economico a tinte fosche: nei sistemi locali del lavoro in cui è divisa la Lunigiana (quello di Pontremoli e quello di Aulla) la struttura produttiva vede un numero di addetti superiore alla media regionale nel comparto pubblico, nell’agricoltura e nelle costruzioni, mentre è estremamente basso il numero di addetti della manifattura. Tra marzo e dicembre 2020, cioè dall’inizio della pandemia, rispetto agli stessi mesi del 2019, nell’Unione di Comuni, gli occupati sono diminuiti del 2%, con punte del 9% nel turismo, del 3,5% nelle costruzioni e del 3,3% nell’agricoltura: numeri che intervengono su una situazione già non semplice e che avrebbe bisogno di una forte progettualità per cogliere le opportunità di un rilancio della vallata. I fondi europei potrebbero essere l’occasione da non sprecare, in un’epoca in cui molti studi parlano con sempre più frequenza di un nuovo modello di sviluppo che va delineandosi, grazie da un lato alle maggiori opportunità offerte dal progresso tecnologico (digitalizzazione) e dall’altro ai vincoli ambientali ormai stringenti; un modello in cui le aree montane e periferiche come la Lunigiana – dopo i tagli degli ultimi decenni su cui gli interventi dei vari assessori regionali e dello stesso Giani si sono ben guardati dal soffermarsi – potenzialmente sarebbero in grado di svoltare rispetto all’era dello spopolamento e dell’abbandono.

(Davide Tondani)