
La relazione di Eliana Vecchi nell’incontro promosso dal “Comitato Giovagallo luogo dantesco”

Il “Comitato Giovagallo luogo dantesco” tra altre iniziative ha dato rilievo ad un Malaspina legato a Dante, il grande poeta che la vice sindaca di Tresana con orgoglio ha detto “nostro concittadino” per una proprietà transitiva simpaticamente audace: Moroello Malaspina aveva castello residenziale a Giovagallo sul varco tra val di Magra e val di Vara dove Dante con tutta probabilità fu presente nel breve soggiorno nel 1306, quindi fu “tresanese”! Di certo fu ed è maestro sempre.
La relatrice nel castello di Tresana sabato 26 giugno è stata Eliana Vecchi, filologa e archivista di grande qualità, presidente dell’Istituto di Studi Liguri sezione lunense. Interessata agli studi danteschi, con fedeltà ai documenti storici disponibili ha tracciato la fisionomia biografica di Moroello, identificato tra cinque omonimi contemporanei nel marchese di Giovagallo, che insieme a Corrado il giovane di Villafranca e Franceschino di Mulazzo diede procura speciale a Dante di negoziare su tutti i beni, fare atti giuridici concordati col vescovo di Luni. Ci sono argomenti anche filologici e stilistici a sostegno dell’ipotesi che Dante abbia preparato di sua mano il testo dell’atto della pace di Castelnuovo [v. anche Il Corriere Apuano n.5 del 2021], la prof. Vecchi dice che trascrisse prima quanto meno un brano ripreso dalle ”Variae” di Cassiodoro.
Moroello scelse il mestiere delle armi e morì per faccende di guerra, ebbe “puntuale e feroce cura degli interessi finanziari”. Prestava denaro, ma in noi rimane un’immagine “fiammeggiante”, per Dante ha le doti di valore militare, liberalità, ospitalità celebrate a riconoscenza e onore del casato nel canto VIII del Purgatorio. Forte il legame tra Moroello e Dante che fecero corrispondenza letteraria anche con Cino da Pistoia anch’egli esule. Dante scrive l’Epistola IV a Moroello e vi unisce la sua canzone Amor, da che convien pur ch’io mi doglia della quale spiega l’origine nel quadro della più genuina tradizione occitanica trobadorica della poesia d’amore.

Dante scrive dal Casentino, ha appena lasciato la corte poi sospirata, nella quale, come spesso vedeste con meraviglia, fu lecito adempiere uffici d’uomo libero, dice di esser stato colpito da amore fulmineo per una donna. La “meraviglia” vista dal marchese può essere per l’accordo di pace con clausole vantaggiose per i Malaspina o per la presunta ripresa composizione della Commedia (notizia boccacciana a cui nessuno più crede e neppure vi credette Boccaccio, osserva lo storico Alessandro Barbero nella sua recente biografia nel saggio su “Dante”).
Nella relazione sono state esposte le tante questioni interpretative (cruces) sull’inizio della composizione della Commedia come la leggiamo oggi, sulla lettera di un ipotetico frate Ilaro, pubblicata la prima volta nel 1359 che indica, fra altre notazioni, la dedica delle tre Cantiche: Inferno a Uguccione della Faggiola, Purgatorio a Moroello, Paradiso a Federico III d’Aragona re di Sicilia, ignorandone la dedica a Can Grande della Scala (Dante, Epistola XIII). Se le prime due dediche potrebbero essere accettabili, assolutamente no per l’aragonese che Dante aveva giudicato avido e vile in Par. XIX,130-138.

Molte le nozioni esposte da Eliana Vecchi su codici ed edizioni di documenti, che permettono di definire la vita nel castello di Giovagallo. I Malaspina erano una famiglia che visse come consorteria fino a metà del sec. XIII, avevano rapporti vassallatici in Sardegna, case a Sarzana e Genova.
Nel 1301 fu acquistato il castello di Madrignano strategico per controllo della via verso Parma e verso Genova.
A Giovagallo il castello era fortezza con torre, cortina di difesa e corte di residenza (ma già i figli di Moroello vivevano a Virgoletta e il ramo si estinse nel 1340), ora è rudere in bilico di sparizione, la famiglia Antoniotti ne ha fatto dono al Comune di Tresana, urge restauro. Dante deve avervi incontrato la moglie di Moroello, Alagia Fieschi ricordata in Purg.(XIX 142-145) come unica “buona da sé” che non segue la malvagia e potente sua famiglia. Per 30 anni visse col marito, fu donna solidale, famosa per le sue grandi doti, vedova fu buona amministratrice dei beni patrimoniali del marito, benefattrice, lasciò tutto il patrimonio personale alla sorella Fiesca; fu sepolta a Genova ma non si sa dove.
Maria Luisa Simoncelli