Scontri Hamas-Israele. La testimonianza del parroco latino padre Gabriel Romanelli
“Un vero disastro. È stata una notte drammatica. Ma non è ancora finita. Qui si contano 24 morti, tra questi 10 sono bambini, 6 donne e anche una persona disabile. I feriti sono più di 100. In nome di Dio le parti in lotta si fermino”: è l’appello e la testimonianza del parroco latino di Gaza, padre Gabriel Romanelli, raccolta dal Sir.
Gli scontri sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme si sono allargati anche alla Striscia di Gaza dopo l’ultimatum di Hamas che chiedeva a Israele di ritirarsi dalla Spianata delle Moschee.
“La piccola comunità cattolica (circa 120 fedeli) al momento sta bene ma c’è tanta paura. Non sappiamo come andrà a finire, l’impressione è che ne avremo per molto”, aggiunge il sacerdote. Paura che sembra ancora più motivata visto che l’esercito israeliano ha schierato ulteriori batterie di artiglieria al confine con la Striscia.
Un segnale che secondo i media locali indica che l’apparato militare israeliano si prepara ad un conflitto ancora più duro. L’esercito ha poi esteso le zone interdette al traffico civile per timore di razzi anticarro dall’enclave palestinese. Le milizie palestinesi, nei loro media, hanno definito il lancio di razzi “Operazione Spada di Gerusalemme”. In un video diffuso sul web, l’ala militare di Hamas ha affermato: “Gerusalemme ha chiamato, Gaza ha risposto”.
Non si è fatta attendere la risposta militare israeliana ai circa 250 razzi lanciati da Hamas, dalla Striscia di Gaza, verso Israele. Sette persone, di cui quattro di una stessa famiglia – padre, madre e due bambini – sono rimasti feriti ad Ashkelon, nel sud di Israele. L’operazione israeliana – “Guardiani del muro” – ha visto una serie di raid aerei contro 130 obiettivi palestinesi.
Tra gli obiettivi la casa di un comandante di un battaglione di Hamas, un sito di produzione di munizioni, il quartier generale dell’intelligence del gruppo di resistenza islamica e complessi militari di Hamas e della Jihad. Le Nazioni Unite hanno esortato Israele a “interrompere immediatamente” gli sgomberi forzati di cittadini palestinesi residenti nella zona di Gerusalemme Est, avvertendolo che questi atti potrebbero essere ritenuti “crimini di guerra”.
In un comunicato pubblicato nei giorni precedenti il portavoce dell’Ufficio dell’Onu per i diritti umani (Ohchr), Robert Colville, ha affermato che Gerusalemme Est è “parte dei Territori palestinesi occupati” e che “vi vige la legge umanitaria internazionale” che “la forza occupante deve rispettare”. Israele, quindi, “non può confiscare proprietà private in queste aree”. Secondo Colville, le leggi che implicano gli sgomberi “vengono applicate in modo intrinsecamente discriminatorio solo sulla base della nazionalità dei cittadini coinvolti” facilitando di fatto il trasferimento di cittadini israeliani nella zona occupata. Una pratica, questa, “proibita dalla legge umanitaria internazionale e può arrivare a essere un crimine di guerra”.