
Il presidente dei vescovi ne chiede il rilascio, “vivi e senza condizioni”

“La Chiesa di Haiti chiede che queste persone siano rilasciate vive e senza condizioni”. A parlare al Sir dall’isola caraibica è mons. Launay Saturné, arcivescovo di Cap-Haïtien e presidente della Conferenza episcopale haitiana (Ceh). Lunedì 12, alle 9, nell’area metropolitana di Port-au-Prince sono state rapite tutte insieme 10 persone: 5 preti, 2 religiose e 3 familiari di un sacerdote che doveva insediarsi in una parrocchia. Due rapiti sono di nazionalità francese, gli altri haitiani.
La sera stessa, in un’altra zona della città, sono stati rapiti anche un medico e un contabile. In un primo contatto con la Ceh i rapitori hanno chiesto un riscatto di un milione di euro. Forte e deciso è l’appello di mons. Saturné alle autorità haitiane, guidate dal presidente Jovenel Moïse, in una situazione di incertezza politica sul suo mandato, con un referendum accusato di incostituzionalità indetto per il 27 giugno, e frequenti manifestazioni da parte delle opposizioni: “Chiediamo alle autorità di Haiti di assumersi la responsabilità di quello che sta accadendo – afferma il presidente dei vescovi haitiani -. Perché se occupano quel posto devono garantire la sicurezza dei propri concittadini, delle loro vite e dei loro beni”.
“Non capiamo come poche persone possano sfidare l’autorità dello Stato in questo modo – aggiunge -. Perché sono più armate delle forze dell’ordine? Dove trovano armi così sofisticate? Serve trasparenza, verità e rispetto dei diritti umani”.
Ad Haiti i sequestri-lampo delle gang sono all’ordine del giorno, in aumento del 200% nell’ultimo anno. La Conferenza episcopale, oltre a gestire l’emergenza di queste ore in costante contatto con la nunziatura apostolica, sta anche elaborando un piano d’azione per aiutare la popolazione ad affrontare la complessa situazione di questi anni.
“Da due anni e mezzo, spiega mons. Saturné, ci troviamo a vivere questa emergenza quotidiana dei sequestri. Le autorità dovrebbero prendere le misure necessarie per risolvere la situazione ma non fanno niente. Ci sono quartieri che sono diventati zone senza legge, con parrocchie chiuse e impraticabili a causa dell’insicurezza. È un problema estremamente grave perché il popolo vive una situazione di angoscia e di paura con tanti problemi a livello sociale e politico. Tutta l’area caraibica ne è perturbata, con conseguenze incalcolabili sulla vita di un popolo non violento. La Chiesa da tempo denuncia questa situazione e cerca di accompagnare e sostenere il popolo haitiano poiché, a forza di maltrattarlo, prima o poi tirerà fuori la sua sofferenza e non si sa quale può essere la reazione”.
“I Paesi che si dichiarano ‘amici di Haiti’, conclude l’arcivescovo, devono provare di esserli veramente e lavorare per il bene degli haitiani perché il Paese è in ginocchio. Devono aiutarci a rispettare i diritti umani”.
Agensir