Il crollo dei conti economici mette fretta alle decisioni

Rapporto Istat I dati certificano che nel corso del 2020 il Prodotto interno lordo il è sceso dell’8,9% tornando ai livelli del 1998 mentre il rapporto tra debito e Pil è salito fino al 155,6%

Nei giorni scorsi l’Istat ha reso noti i dati dell’economia italiana per il 2020; non che ci fosse da aspettarsi grandi novità: tra previsioni e dati effettivi diffusi “a puntate era ben chiaro che i nostri conti, già caratterizzati da debolezze e ritardi cronici, non potevano di certo uscire più forti da mesi e mesi di chiusure totali o a singhiozzo. Una delle poche voci tradizionalmente in attivo, il turismo, soprattutto dall’estero, è l’esempio più calzante della situazione di crisi.
Non stupisce quindi che i dati diffusi, relativi agli anni 2017-2020, abbiano confermato che “nel 2020 il Pil ai prezzi di mercato ha registrato una caduta del 7,8% rispetto al 2019, mentre in volume il Pil è diminuito dell’8,9%. Di fatto, in termini reali, il Pil è tornato ai livelli del 1998, il che significa che in un anno ci siamo “mangiati” i lenti progressi, limitati anche da tre periodi di recessione, messi insieme con fatica in ben 22 anni! La contrazione subita dalla nostra economia nel 2020, dice Istat, è stata di proporzioni eccezionali. Di particolare gravità la caduta della domanda interna, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno inciso meno negativamente.
Negativi i dati del valore aggiunto in tutti i settori: -6,0% per agricoltura, silvicoltura e pesca, -11,1% per l’industria in senso stretto, -6,3% per le costruzioni e -8,1% per le attività legate ai servizi. La caduta delle entrate e il consistente aumento delle uscite ha peggiorato un indebitamento netto delle Amministrazioni rispetto al 2019 (- 9,5%), dovuto alle misure di sostegno introdotte per contrastare gli effetti della crisi su famiglie e imprese. Infine, il rapporto debito/Pil è salito al 155,6%.
Sono cifre aride, neanche facili da comprendere fino in fondo se non si è esperti in materia, ma i segni meno che troviamo davanti a tutti gli indicatori non hanno bisogno di troppe spiegazioni. Se poi a tutto questo si aggiunge che le previsioni dicono che, forse, si potrà tornare ai livelli pre-pandemia solo nel 2023, il disastro è ancora più chiaro.
Questa è l’aspra salita che il governo Draghi si appresta ad affrontare: basterebbe questa considerazione per farci stringere attorno a chi, al di là delle valutazioni che si possono fare su di lui, ha accettato di mettere la faccia in una impresa destinata a rimanere in evidenza nei libri di storia, non solo economica. Un dato positivo, almeno in parte, però c’è: nonostante nel 2020 alle famiglie siano mancati 29 miliardi di euro di reddito e 108 di consumi, i fortunati che non hanno perso reddito hanno perseverato nella lodevole virtù, tutta italiana, del risparmio.
Tale propensione è passata dal 9 al 16%; in termini assoluti, i risparmi delle famiglie sono aumentati di 84 miliardi rispetto al 2019 per un totale di 1.200 miliardi. Sono dati, come si diceva, positivi, ma che pongono una ulteriore sfida al governo: riuscire a “smuoverli” per sostenere la ripresa e i nuovi indirizzi economici che dovrebbero scaturire dai progetti legati ai fondi del NextGenerationEu. Si dovranno trovare forme di partecipazione che incentivino “l’apertura dei portafogli”, pensando che un incentivo ottenga migliori risultati rispetto a nuove forme coercitive.
Riuscirà Draghi a trovare la quadratura del cerchio? La risposta non è facile perché tanti, troppi sono i nodi da sciogliere. Intanto sono iniziati gli avvicendamenti nei ruoli di responsabilità. È cambiato il commissario straordinario Covid: ad Arcuri è succeduto il generale Figliuolo. Nei giorni scorsi, il capo della polizia Gabrielli era stato nominato supercommissario per la campagna di vaccinazione. Fabrizio Curcio è tornato a capo della Protezione civile.
Sono segnali che dovrebbero indicare il senso di marcia che il governo intende adottare su una delle due emergenze indicate da Mattarella. Ma che non siano tutte rose e fiori lo dicono altri argomenti. Quando il giornale sarà in stampa, nella serata di martedì, con tutta probabilità il governo rilascerà il nuovo Dpcm che detterà i nostri comportamenti fino a dopo Pasqua.
Nel suo insieme dovrebbe confermare le misure più severe dell’ultimo Dpcm firmato da Conte, con incognite legate all’attività scolastica. I “rigoristi” vorrebbero una maggiore estensione della didattica a distanza nelle zone arancione e arancione scuro ma sono molte le proteste di genitori e studenti che non ne possono più di questa… didattica a sbalzi e continuano a sostenere, sempre più isolati, che nelle aule i contagi possano essere tenuti sotto controllo.
Una teoria che, se poteva essere considerata qualche mese fa, ora deve fare i conti con le varianti e con i numeri che lasciano poco spazio alle disquisizioni teoriche. Oltre a tutto ciò, sono tante ormai le regioni o zone ristrette delle stesse destinate a cadere sotto la scure del cambio di colore in negativo. Solo uno sforzo nel senso della sopportazione di nuovi sacrifici potrà portarci fuori da questa situazione. (a.r.)