Una pastorale vocazionale orientata alla santità

La figura di Pasqualino Canzii

Pasqualino Canzii

Nel corso del suo pontificato, Papa Francesco ha indicato una strada maestra per la pastorale vocazionale: la santità. Non solo nella sua lettera apostolica “Christus vivit”, indirizzata alle nuove generazioni, ha indicato alcuni giovani quali modelli ma si è anche prodigato nell’individuarne di nuovi. Ha proclamato beati ben undici seminaristi diocesani. Tra questi, Rolando Rivi, ucciso dai partigiani comunisti in Emilia Romagna; gli altri uccisi nel contesto della guerra civile spagnola. Più di recente, il 21 gennaio, anche Pasquale Canzii.
Nato a Bisenti (Teramo) il 6 novembre 1914 in una famiglia di sani principi cristiani, in occasione di una missione popolare a Bisenti, nel 1926, Pasqualino incontrò un sacerdote passionista. Attratto dalla figura di S. Gabriele dell’Addolorata, manifestò il desiderio di entrare nella Congregazione ma, a causa della sua salute piuttosto fragile, fu indirizzato al seminario diocesano di Penne. Qui entrò nell’ottobre dello stesso anno, ricevendo l’abito di chierico. Singolare fu il suo impegno nella pietà, nella disciplina e negli studi. Ripeteva spesso di voler “essere santo, grande santo e presto santo”, come Gabriele ed altri giovani modelli cui ispirò la sua breve esistenza. Le mortificazioni, le rinunce e la disciplina cui si sottopose minarono a poco a poco la resistenza del suo fragile corpo.
A causa di una polmonite morì il 24 gennaio 1930, appena quindicenne. La breve vita di Pasqualino fu caratterizzata da una costante aspirazione alla santità, coltivata attraverso l’amore e la dedizione fedele alla propria vocazione sacerdotale, perseguita senza riserve e nella semplicità. Si caratterizzò per un profondo spirito di fede soprannaturale, alimentato da un intenso e ininterrotto dialogo con Dio nella preghiera.
Consapevole dei suoi limiti umani, non confidò nelle proprie risorse personali, ma si affidò totalmente a Dio, dal quale si sentiva chiamato. Riteneva che la vocazione al sacerdozio fosse una chiamata alla carità verso il prossimo.
Nel tempo del seminario, egli pregava molto per gli altri e si mostrava disponibile verso le necessità di tutti. La sua speranza eroica era fondata sulla certezza della fedeltà di Dio, sull’amore divino rivelato nel Crocifisso, sulla filiale devozione alla Madonna e sull’ardente desiderio del Paradiso. Proprio quest’ultimo costituisce la vera vocazione di ciascuno, quella che in Lumen gentium è definita “universale vocazione alla santità”.
A questo Pasqualino si è sentito chiamato, interpellato in prima persona, ed oggi invita anche noi.

Don Fabio Arduino