Documenti su Dante esule poeta in Lunigiana

Lo storico Alessandro Barbero lo racconta “uomo del Medioevo immerso nel suo tempo”

Lo storico Barbero celebra l’anniversario dantesco con un saggio edito da Laterza. Con ampia, rigorosa consultazione delle fonti fa una ragionata biografia di Dante: giovane innamorato, vede crollare gli ideali politici nel vortice degli intrighi e della corruzione, messo al bando e poi condannato a morte,vive in esilio per 19 anni. Lacune e silenzi rendono incerta la ricostruzione di interi periodi degli anni dell’esilio. L’autore presenta tutti gli argomenti rintracciabili a sostegno o contro le diverse ipotesi e giunge a conclusioni plausibili.
Gli anni dell’esilio sono stati quelli sublimi della creazione del “poema sacro”, nutrimento prezioso per la mente e l’anima nostra. Per captare qualcosa dell’immensa grandezza della Commedia è utile l’esercizio critico ma anche la concretezza di ricerche analitiche, tra queste ovviamente sono quelle relative alla presenza di Dante in Lunigiana e al suo rapporto coi Malaspina,onorati in celebri versi del Purgatorio.

Dante Alighieri (1265 – 1321)

Da uno dei pochissimi documenti d’archivio relativi al periodo dell’esilio sappiamo che Dante il 6 ottobre 1306 era a Sarzana; qui “ante missam” firmava la procura che gli dava pieni poteri e due ore dopo a Castelnuovo Magra al posto dei Malaspina baciò il vescovo di Luni in segno di pace.
Non negoziò la pace, lo avevano fatto prima due frati. Tuttavia il prologo (arenga) del trattato di pace, sulla base di criteri filologici, Barbero ritiene che sia stato scritto da Dante. Ne consegue che il poeta era davvero di casa presso i Malaspina e che lo ritennero utile per un incarico diplomatico. Anche se inviato da Franceschino, fu soprattutto ospitato dal cugino Moroello, oltre Boccaccio lo testimonia il figlio Piero nel commento alla Commedia e lo conferma pure un sonetto scritto da Dante a nome di Moroello di risposta a Cino da Pistoia, a dimostrazione che fra i due si era creata una certa intimità, anche se erano di opposta fazione politica.
Barbero legge questa amicizia come “robusto indizio” che Dante era disposto per tornare a Firenze a schierarsi con Moroello alleato dei Neri suoi nemici. Una seconda questione è quella del preteso ritrovamento dei primi sette canti dell’Inferno.
Boccaccio dice che la moglie di Dante Gemma Donati li mise in salvo in un convento, li vide il poeta stilnovista Dino Frescobaldi che li consegnò a Moroello che incitò Dante a riprendere la composizione dell’opera. Oggi nessuno crede che quei primi sette canti così come li leggiamo siano stati scritti a Firenze prima dell’esilio: non ci credeva neppure Boccaccio. Studiosi come Santagata e Carpi ancora sono affascinati dall’ipotesi, ma scrutando gli indizi cronologici disseminati nella Commedia emerge che Dante cominciò a crearla nel 1306 o 1307, quando interruppe il trattato dottrinale Convivio per dare forma alla visione poetica che concepiva dentro di sé. Il racconto del Boccaccio può essere indizio che i letterati fiorentini potevano collegare il concepimento della Commedia al soggiorno in Lunigiana, che il dantista P. Giannantonio dice “felice parentesi spirituale ed esistenziale”.
C’è poi la questione che Boccaccio trascrisse di suo pugno parte di una lettera indirizzata a Uguccione della Faggiola e firmata da un frate Ilaro del monastero di S.Croce a Bocca di Magra che racconta di aver accolto un uomo in viaggio verso la Francia che gli aveva lasciato la prima parte di una sua opera. Stupito che fosse scritta in volgare, il pellegrino rispose che i poeti in lingua latina non godevano più prestigio, lo sconosciuto sarebbe Dante che prega Ilaro di fare un commento e di farlo avere all’amico Uguccione al quale intendeva dedicare quella parte identificabile con l’Inferno, a Moroello voleva dedicare una seconda parte, la terza a Federico d’Aragona.
Scrive Barbero che la lettera è “senza alcun dubbio un falso, un’esercitazione letteraria “ e neppure fu costruita da Boccaccio.
Due le argomentazioni: una che è assurdo pensare che Dante fosse rammaricato dell’abbandono del latino dopo aver già scelto il volgare per il Convivio e la Commedia dando prova eccellente che era lingua idonea ad esprimere in modo appropriato ogni concetto e favorire una cultura aperta a tutti e lo ha reso padre della lingua italiana.
L’altra è che non può essere accettabile la dedica del Paradiso a Federico III re di Sicilia sempre giudicato da Dante privo di quella scienza filosofica necessaria a ben governare e nel Convivio è detto promotore di una politica di violenza, ipocrisia e avarizia. Neppure si può pensare che Dante abbia soggiornato presso Uguccione e poi dedicargli l’Inferno perché fu avversario della sua parte politica.
Si accenna anche ad una possibile saltuaria nuova presenza presso i Malaspina: è molto probabile che Dante pieno di speranza di rientrare a Firenze abbia seguito a Pisa Enrico VII di Lussemburgo, sceso in Italia per riportare la pace. Ma l’impresa fallì per l’opposizione armata dei guelfi e per la morte prematura dell’imperatore il 24 agosto 1313. Rimasto nella città per un po’ di tempo può esser tornato in Lunigiana per brevi soggiorni presso i vicinissimi Malaspina.

Maria Luisa Simoncelli