
Dal Gruppo Sportivo e Culturale Lusignana

Loredana Sarti ha inviato alla redazione del Corriere Apuano un link brevissimo di 58 secondi in cui, sullo sfondo di un profilo abbozzato, forse a carboncino, della val di Magra col nome dei suoi paesi e castelli, sono soprascritte le terzine che chiudono il canto VIII del Purgatorio in cui Dante fa elogio dei marchesi Malaspina in Lunigiana. Sormonta tutto parte del profilo del volto di Dante dipinto da Botticelli. Loredana Sarti è di Lusignana, lavora lontana dal paese natio come segretaria generale di AEFI (Associazione Esposizioni e Fiere).
Il nuovo peggioramento della situazione sanitaria, che vieta sagre e fiere, le ha dato tempo per onorare la sua terra d’origine attraverso le parole di Dante e per mandare a nome del “Gruppo sportivo e culturale Lusignana” un messaggio augurale a tutti con fiducia e speranza che il nuovo anno sia finalmente vittorioso sulla tragedia che ha colpito il mondo. Incontrando nella valletta dei principi nell’Antipurgatorio Nino Visconti giudice pisano e Corrado II Malaspina, Dante usa il lessico dell’onore, della cortesia e del pregio in lode di una famiglia di quell’aristocrazia rurale che in ampie zone d’Italia era stata emarginata dall’avanzare dei Comuni, l’originale istituzione di autogoverno dei cittadini.
Questa “nobiltà di campagna” però era ancora molto forte con possesso di rocche e castelli, controllava strade e valichi, tutta impregnata di ideologia nobiliare e cavalleresca. La casa marchionale dei Malaspina al tempo di Dante era ancora potente in un vasto territorio di passaggio tra la Liguria di Levante, la Lunigiana e l’Appennino verso la pianura padana. è famosa in tutta Europa, dice il poeta, per generosità e valore in guerra (pregio della borsa e della spada), e, nonostante i tempi privi di ogni virtù, “sola va diritta e il mal cammin dispregia”. Accolse Dante non come un ramingo questuante, ma gli affidò incarichi cancellereschi come la collaborazione alla trattativa e la delega a firmare la pace col vescovo-conte di Luni, la mattina del 6 ottobre 1306 a Castelnuovo Magra.
L’ammirazione per l’ospitalità data a lui esule con una condanna a morte sulle spalle era diventata un suo “chiodo fisso”, osserva lo storico Alessandro Barbero nel suo recentissimo saggio Dante. Il poeta fiorentino celebra il valore militare di Moroello di Giovagallo, “vapor di val di Magra”, e ha parole di merito anche per la moglie Alagia Fieschi “buona da sé” e la sola a rifiutare l’ambizione, la smania di potenza e di ricchezza del suo casato dei conti di Lavagna. (m.l.s.)