
Una riflessione del nuovo vicario per la pastorale diocesana, don Maurizio Iandolo.
Riscoprire la missione come “abitare la terra”, perché la terra ci lega a tutti gli abitanti del pianeta.
E’ decisivo cercare il volto di Dio a partire dall’attenzione costante verso i fratelli più poveri e dalla costruzione di una società più umana, con relazioni più giuste, eque, solidali.
E’ urgente che la comunità cristiana, e in particolare la parrocchia, sia più coraggiosa ed efficace nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo.

Vorrei approfondire il concetto di conversione missionaria o della Chiesa in uscita. Va riscoperta la missione come “abitare la terra”: la terra ci lega a tutti gli abitanti del pianeta. C’è un’unica terra, c’è un’unica umanità; la terra, che è di Dio, ci è affidata perché la coltiviamo e la custodiamo, diventando custodi gli uni della vita degli altri. La modalità del credente di abitare la terra è quella di “nutrirsi di fedeltà”, è quella di ripercorrere lo stile che è stato proprio di Gesù.
Il nostro ambito “costruire una società più umana” si salda direttamente con “la ricerca del volto di Dio”, il Vivente: Parola, Sacramento, vita dei credenti, volto di ogni uomo e donna, sono queste le strade maestre per l’incontro. Per noi è decisivo cercare il volto di Dio a partire dalla costruzione di una società più umana, dalla cura di relazioni più giuste, eque, solidali, dall’attenzione costante verso i fratelli più poveri: è così che siamo in relazione con Dio e con quanti vivono ovunque la stessa identità di uomini e donne.
Va poi focalizzata la “dimensione eucaristica” della missione, che unisce l’Eucaristia al dialogo e all’annuncio. È questo un punto problematico e, di conseguenza, meritevole di maggior attenzione. Avvertiamo l’urgenza che la comunità cristiana e in particolare la parrocchia diventi più coraggiosa ed efficace nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo.
Una parrocchia più missionaria che dia maggior attenzione alle persone che, pur desiderandolo, non possono accedere all’Eucaristia; che sia più presente al territorio, entrando maggiormente nei luoghi di vita, realizzando un contatto diretto con le varie situazioni, in dialogo con le istituzioni, le amministrazioni, le associazioni; che sia segno concreto e visibile di solidarietà: nella esemplarità della gestione delle risorse e nel proporre, motivare e accompagnare progetti di solidarietà verso situazioni di povertà vicine e lontane.
Occorre poi mettere al centro la “Missione come creazione di nuove relazioni”. Sentiamo infatti la chiamata a stare in mezzo agli altri uomini, con simpatia, accogliendo il prossimo in uno spazio interiore che permetta l’ascolto profondo e quindi un incontro vero. Si rende necessario superare ogni spinta alla contrapposizione o competizione, ogni lotta di potere, e liberarci dalla logica dell’autosufficienza, in una parola saper fare alleanza, scoprendo, valorizzando e sostenendo ogni risorsa del territorio.
Un altro elemento su cui riflettere è l’idea di missione intesa come “disponibilità ai cambiamenti”. L’atteggiamento della fiducia porta con sé tutto il coraggio, la libertà e la serenità che sono indispensabili per cogliere una Parola di Dio nella necessità di rinnovamento che è percepita da più parti. Certo, cambiare può essere faticoso, ma sono altrettanto urgenti l’appello e lo stimolo a vivere la responsabilità. Infine, le sfide e le priorità che ci attendono: la ricerca del vero volto di Dio oggi, il rinnovamento della catechesi, l’iniziazione cristiana, l’annuncio del progetto di Dio sulla famiglia, la trasmissione della fede e dei valori cristiani alle nuove generazioni, la partecipazione ad un progetto di nuova società.
Come Chiesa diocesana siamo chiamati ad abitare questa nostra terra soprattutto lì dove la vita si presenta nei suoi snodi, lì dove la persona o la famiglia vivono ed affrontano situazioni particolarmente aperte all’incontro con il Vangelo e con la persona di Gesù.
Mi riferisco, in modo particolare, al momento della richiesta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e ai momenti di crisi, di fragilità e di sofferenza propri della vita. E infine vorrei mettere a fuoco il concetto di sinodalità, che rimanda a tre stili fondamentali.
La convivialità: iI cristianesimo è religione conviviale; pertanto, ai cristiani si addice lo stile di pensare, decidere e progettare insieme. Siamo molti per una sola missione. Questo sentire di fede dispone alla mutua accoglienza, allo spirito collaborativo, alla volontà della condivisione: vivere nella storia con lo stile della convivialità eucaristica.
Il dialogo: senza dialogo la comunione non esiste e la missione viene compromessa. II dialogo fra i cristiani – quello che si vive dentro la Chiesa – dev’essere motivato dal punto di vista teologico, spiritualmente vissuto, condotto in comunione, finalizzato alla missione. La parrocchia è il luogo naturale per fare scuola e tirocinio di dialogo.
La progettualità: la comunità cristiana − sempre una comunità chiamata a “camminare insieme” lungo i sentieri della storia, a individuare lo stile di una presenza nel proprio territorio, a delineare il suo volto − non può non acquisire uno stile progettuale. Non si tratta di rispondere primariamente a esigenze di carattere organizzativo e di pianificazione, ma di discernimento dello Spirito: ha carattere profetico e, scrutando i segni dei tempi, cerca di tracciare i sentieri del cammino verso il Signore che viene.
don Maurizio Iandolo
Vicario per la pastorale diocesana