
Restaurato pochi anni fa, è proprietà privata della Fondazione Defendente Maneschi
Nella Giornata di apertura di castelli e dimore storiche del 4 ottobre abbiamo visitato il castello Malaspina di Tresana. Ad accogliere era l’attuale proprietaria avv. Ginetta Maneschi che con l’arch. Nicola Gallo ha steso la relazione dello stato generale del castello.
Nel novembre 2009 la Fondazione Defendente Maneschi è entrata in possesso privato dell’antico castello con atto di esproprio con procedura condotta col Ministero dei Beni e Attività Culturali e regolazione da parte della Sovrintendenza di Lucca e Massa, che ha sorvegliato i lavori di restauro avviati nel 2013 e portati a termine per un due terzi dell’ampio complesso fortificato; al momento resta rudere da recuperare il torrione semicircolare, edificato per resistere alle palle da cannone, e poco altro.
La Fondazione, con parere favorevole dell’Avvocatura dello Stato, è riconosciuta dalla Prefettura di Massa persona giuridica ed è iscritta nel registro provinciale. Ha un suo Statuto e atto costituivo notarile e si impegna a dare utilizzo gratuito degli spazi interni e della torre quadrangolare per incontri, attività culturali e per promuovere la conoscenza del patrimonio storico e artistico del territorio. Una lunga storia è stata rintracciata da documenti e scavi archeologici condotti da architetti qualificati e descritti in relazione tecnica da Gabriele Gattiglia.
Dell’ampio complesso fortificato Il Ministero dei Beni e Attività Culturali ha elaborato la relazione storica. Si ritiene probabile che sulla possente roccia sopra il torrente Osca già i bizantini presenti in val di Magra abbiano impiantato nel VI- VII sec. una fortificazione, in età altomedievale prende forma l’impianto a castello con porte d’accesso a nord e a sud ancora ben conservate, la torre maestra risale al sec. XI.
Prima parte del feudo di Villafranca poi di Lusuolo, il feudo di Tresana divenne autonomo nel 1559 e indipendente nel 1575, ne fu investito Francesco Guglielmo Malaspina dall’imperatore Massimiliano II d’Asburgo. Il marchese aveva ottenuto nel 1571 il “privilegio” di battere moneta, nella Lunigiana storica lo avevano solo i feudi malaspiniani di Fosdinovo e Massa.
Il Malaspina di Tresana usò male il diritto ottenuto perché si mise a contraffare le monete per tanti Stati, specialmente quello pontificio, ma papa Clemente VIII reagì con la scomunica del marchese con conseguente liberazione dei sudditi dall’obbedienza. I tresanesi odiavano il marchese, insorsero e Francesco Guglielmo scappò, ma ritornò dopo qualche anno per intercessione dell’imperatore e riprese il feudo.
Il figlio Guglielmo II ancora falsificò monete, era odiato per il carattere prepotente e per violenza alle ragazze del paese, uccise il prete, cercarono di ucciderlo, ma colpirono il fratello Jacopo con cui lo avevano scambiato, morì di morte naturale nel 1651.
Non aveva eredi legittimi, aspiravano alla successione i cugini marchesi di Olivola ma anche spagnoli che possedevano Pontremoli e ottennero il marchesato di Tresana per venderlo ai fiorentini principi Corsini, poco presenti e che lo abbandonarono a gente del posto nel 1750. Con l’abolizione dei feudi in età napoleonica il castello va in rovina. Fino alla espropriazione da parte della Fondazione che ha restaurato bene la sala principale, altri spazi e il torrione con ardita scala interna di legno che permette, arrivati in sommità, di godere un panorama bellissimo, a pianoterra le cucine, è stato scoperto il vano scale.
Sulla roccia il castello ha resistito anche alle scosse telluriche, soprattutto al terremoto del 1480 e anche del 1920. Da immagini storiche e acquarelli il complesso della fortificazione è ancora strutturato per intero fino al sec.XVIII, ma l’abbandono successivo aveva salvato solo l’alta torre quadrangolare.
La Fondazione ha il merito del recupero quasi completo e fatto a spese della famiglia Maneschi, il cui capostipite rintracciato in documento del 1590 fu Antonio di Riccò frazione Tassonarla, una famiglia di piccoli proprietari terrieri che nei discendenti si è sparsa emigrando in vari paesi.
Maria Luisa Simoncelli