
Domenica 5 luglio – XIV del tempo ordinario
(Zc 9,9-10; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30)
E’ prima di tutto una preghiera. Un grazie che sale al cielo. Un grazie che scende in ogni vena di terra. Nel centro, Gesù, l’uomo. Sospeso tra due epifanie divine: cielo e terra, tutto è Suo. Nel senso che l’Alto e il Basso, Visibile e Invisibile, Aria e Terra, Tutto è chiamato a narrare di Lui e della Sua prossimità alle vicende umane. Ti rendo lode Padre. Ma saper Narrare il creatore vuole mitezza e umiltà. Saper narrare di queste cose come le chiama Gesù, cioè di tutte le cose guardate con gli occhi di Dio vuole mitezza e umiltà di cuore. Ecco perché è Gesù, il mite, l’umile, il narratore perfetto delle cose di Dio.
E noi, persi in queste cose che sono tutta la vita, a cercare, sempre, un modo per raccontarla la vita, per dispiegarne il Senso. Perché narrare di queste cose che sono la vita intera, non è altro che riuscire a dire qualcosa di noi e del mondo. A questo ci sentiamo chiamati. Questo tentiamo di fare a parole, a scelte, a imprese iniziate, sogni sognati, amori spesso ingarbugliati. Narrare queste cose per come le sappiamo leggere noi e per come le sappiamo consegnare al prossimo. Prossimo inteso come fratello ma anche prossimo inteso come successivo, all’uomo che verrà dopo di noi.
Queste cose. Che poi sono il nascere e il morire e, in mezzo, l’Amare e il Generare. Se riusciamo. Almeno un po’. Come narrare queste cose? Come narrarla la vita? Perché poi è solo narrando la vita che io narro l’uomo e quindi narro Dio. Con umiltà e mitezza si sforza di dire Gesù. Con due virtù che non sono mai innate, sono virtù da imparare, giorno dopo giorno, errore dopo errore, ricominciando, in un disarmo costante, in una lotta, in una umile consapevolezza che in noi le forze dell’istinto e della paura e dell’aggressività lottano. E se l’educazione dell’infanzia ci ha dato una mano, bene, altrimenti è fatica moltiplicata. La mitezza e l’umiltà richiedono dedizione costante. Non si nasce miti, non è dono di natura, è esercizio paziente. No, non è “carattere”, è educazione.
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. L’umiltà si impara stando dalla parte di chi crede che la vita si riveli e non con quelli che sono convinti che la vita si nasconda. Mi sembra splendida questa differenza che Gesù ci regala. Il mite è l’uomo che impara, nella piccolezza, ad accogliere la rivelazione della vita.
don Alessandro Deho’