Paesi di Lunigiana: Cavezzana Gordana

Un gruppetto di case strette attorno alla chiesa: è questa la porta per accedere agli Stretti di Giaredo, noti fin dal XVIII secolo. Qui si produceva uno dei migliori vini bianchi della zona

Panorama di Cavezzana Gordana vista dalla strada che scende dalla Valunga
Panorama di Cavezzana Gordana vista dalla strada che scende dalla Valunga

Poche case strette attorno alla chiesa, tra colline immerse in un verde lussureggiante: ecco Cavezzana Gordana, vera e propria porta di accesso agli Stretti di Giaredo. Fulcro del piccolo agglomerato è la chiesa di Santa Maria Assunta, parrocchia autonoma dal 1622 al 1986, che ha origini antiche in quella cappella “de Cavaçana” citata nelle Decime Bonifaciane della fine del XIII secolo assieme a quella di Torrano, entrambe dipendenti dalla Pieve di Saliceto.
L’edificio oggi si presenta come risultato della totale ristrutturazione novecentesca e con la facciata rivolta a sud, orientamento datole all’inizio degli anni Trenta dopo i lavori di consolidamento. Ma in origine doveva presentarsi nel tipico stile romanico e con l’abside rivolta ad est.

Cavezzana Gordana e, in alto, il paese di Codolo
Cavezzana Gordana e, in alto, il paese di Codolo

Siamo nella valle del torrente Gordana, stretta tra l’ampio bacino del Verde e quello del Teglia, che si divide tra i comuni di Zeri e Pontremoli con caratteristiche diverse tanto è ampia nel primo tratto quanto è breve nel secondo, ma fertile, dal clima mite, riparata dai venti freddi di tramontana. La cesura che la divide è rappresentata proprio dagli Stretti di Giaredo, noti fin dall’anticihità e, in epoche più recenti, meta di frequentazioni, che da qualche anno hanno visto una crescita esponenziale delle presenze trasformando questo orrido lungo e stretto, con tratti semioscuri, dalle acque fredde e spesso profonde in ambita attrattiva turistica.

Un’antica fornace
Un’antica fornace

La pietra che ne costituisce le pareti fin dal Settecento aveva attirato l’attenzione di uno studioso come Giovanni Targioni Tozzetti, tra i massimi naturalisti italiani del tempo. “In una montagna detta lo Stretto di Giaredo – scrive – è una cava di marmi rossi e bianchi, de’ quali ne sono stati levati in antico pezzi tanto grossi da poterne fare tavolini. […] se ne trova un’altra di un verde scuro, ma sparso di piccole macchiette bianche, della quale sono state formate colonne e tavole per ornamento di un’altare in Pontremoli” quello che ancora oggi si può ammirare nella “cappella dei Notai” nella chiesa di San Francesco.

L’abitato nei pressi del ponte: con mulino e torchio; un insediamento fatto risalire al XV secolo
L’abitato nei pressi del ponte: con mulino e torchio; un insediamento fatto risalire al XV secolo

Prendendo spunto da questi “diaspri ornamentali”, Nicola Zucchi Castellini ha scritto un articolato saggio che si occupa di Giaredo e della valle del Gordana e nel quale ricorda come il territorio fosse fertile e popolato almeno fin dal XV secolo.

L'ingresso sud degli Stretti di Giaredo visto dall'interno
L’ingresso sud degli Stretti di Giaredo visto dall’interno

Qui la presenza dell’uomo sarebbe antichissima: fu Carlo Caselli, un secolo fa, a dare notizia del ritrovamento a Giaredo di una punta di freccia preistorica “di diaspro scuro”, così come non va dimenticato il ritrovamento di una tomba ad incinerazione con reperti dell’età del Bronzo alle pendici del Monte Burello non lontano da Arzelato che da Giaredo non è troppo distante.

Gli Stretti di Giaredo, nei pressi di Cavezzana Gordana
Gli Stretti di Giaredo, nei pressi di Cavezzana Gordana

Ed è lo stesso Zucchi Castellini a ricordare la presenza delle due grotte naturali dette dei Saraceni, i “Sarasin”. Ipotesi fantasiosa che tuttavia lo storico pontremolese spiega riferendola a possibili rifugi della popolazione locale durante le feroci scorrerie degli Ungari nel X secolo.
Della bassa valle del Gordana Cavezzana rappresenta uno dei punti nodali e con il vicino abitato di San Cristoforo, “custodiva” l’importante strada che dall’Appennino scendeva lungo la destra del fiume Magra toccando le pievi di Vignola e di Saliceto e che proprio in questa zona vedeva i viandanti guadare il torrente.
Ma è giusto anche ricordare come fino a non troppi decenni fa a Giaredo (ma nel resto del territorio, da Cavezzana a San Cristoforo, non era diverso) a giudizio di Zucchi Castellini si produceva “un vino da tempo ben noto, uno dei bianchi più piacevoli dell’Alta Val di Magra, naturalmente spumante, nel tipo da bigoncio come localmene si usava qualificare i vini da bottiglia”

(Paolo Bissoli)