L’epidemia di coronavirus ha acuito le condizioni di sofferenza nelle carceri italiane

Per il Garante dei diritti delle persone private di libertà la pandemia ha peggiorato una situazione già difficile

27Regina_Coeli_CarcereL’epidemia di coronavirus non ha risparmiato nessuno e ha avuto ricadute anche nelle situazioni di sofferenza preesistenti. Parte da questa considerazione la Relazione al Parlamento 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (Gnpl), Mauro Palma, presentata venerdì scorso all’Università Roma Tre.
27Garante_Mauro_Palma“L’emergenza determinata dal contagio da Covid-19 ha mutato la nostra percezione della difficoltà e del dolore, così come la capacità di analizzare i luoghi dove il dolore già prima di tale emergenza si coagulava perché intrinseco alla privazione della libertà, qualunque ne possa essere la causa che l’ha determinata”. Con l’emergenza coronavirus “calano i numeri in tutte le strutture monitorate dal Garante nazionale, si adottano provvedimenti in linea con il principio che la privazione della libertà dovrebbe essere l’ultima misura a cui ricorrere e non la prima”.
27Rapporto_GaranteL’emergenza sanitaria determinatasi, sottolinea il Garante, “ha evidenziato le preesistenti carenze e criticità del sistema penitenziario: sovraffollamento degli Istituti, mancanza di spazi destinabili alle necessità sanitarie, diffuso degrado strutturale e igienico in molte aree detentive, debolezza del servizio sanitario”. La situazione “è stata affrontata sul piano normativo nel suo complesso, agendo su due fronti: la prevenzione dell’ingresso del contagio nel carcere e la riduzione della densità della popolazione detenuta”.
Lo dimostra il fatto che al 23 giugno le persone detenute sono diminuite di 8.000 unità: erano 53.527 al 29 febbraio e sono scese a 61.230. Analoghe riduzioni si sono registrate anche nel sistema penale minorile, dove si è passati da 382 detenuti al 31 dicembre 2019 a 300 al 18 giugno di quest’anno. Attualmente, aggiunge Palma, “vi sono 867 persone detenute che scontano una pena inferiore a un anno e 2.274 una pena (si parla di pena inflitta, non residua) tra uno e due anni. Così come vi sono 13.661 persone detenute che hanno un residuo di pena inferiore a due anni”.
27carcere_ParmaA questi numeri “occorre purtroppo affiancare quello dei 25 suicidi registrati dall’inizio dell’anno fino a oggi (alla stessa data erano 20 nel 2019)”. Rispetto al reato di tortura, il Garante ricorda che “tre Procure d’Italia, quella di Napoli, quella di Siena e quella di Torino, hanno aperto ognuna un procedimento penale ravvisando il delitto di tortura in atti di violenza e di minaccia compiuti da operatori della Polizia penitenziaria nei confronti di persone detenute”.
L’altro ambito analizzato è quello dei migranti. Rispetto ai cosiddetti Decreti sicurezza, il Garante nazionale ha evidenziato fin da subito la loro incompatibilità, per quanto riguarda il caso di navi impegnate in attività di ricerca e soccorso in mare, con gli obblighi internazionali cui l’Italia è vincolata ed ha commentato che “senza un ripensamento globale delle politiche di gestione delle frontiere, il Mediterraneo rischia tuttora di rimanere teatro di violazioni”, ribadendo fra l’altro “l’inconciliabile contrapposizione logica tra la previsione di un’area di ricerca e soccorso (Sar) di competenza libica e l’impossibilità di ritenere la Libia un Paese sicuro per i migranti, cosa di cui nessuno può dubitare”.
Rispetto ai Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), il Garante ha denunciato che “continuano a essere contraddistinti da un apparato regolamentare scarno, caratterizzandosi come semplici strutture di mero contenimento, inadeguate alla complessità delle dinamiche che una permanenza prolungata determina”.
Nel 2019 “il numero delle persone trattenute in un Cpr è aumentato di 2.080 unità rispetto all’anno precedente e, fatta eccezione per Trapani e Roma-Ponte Galeria, è cresciuto anche significativamente il tempo di permanenza media delle persone all’interno dei Cpr”. G.A.