
Sono più di 80 i cippi, le lapidi e i monumenti relativi alla seconda guerra mondiale. Un libro pubblicato a cura delle sezioni Anpi di Pontremoli e di Zeri
Sono stati necessari anni di lavoro sul campo, di ricerca negli archivi e di accurata consultazione di giornali e libri pubblicati nel secondo dopoguerra per censire con accuratezza il patrimonio di testimonianze relative alla seconda guerra mondiale presenti nel territorio di Pontremoli e Zeri. L’impegno dei volontari delle sezioni locali dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) è raccolto in un volume di 200 pagine appena uscito in libreria e in edicola edito dall’Istituto Storico della Resistenza Apuana.
Pietre di Libertà è un percorso in oltre 80 tappe sui sentieri della Resistenza dei due comuni per riscoprire e conoscere cippi, lapidi e monumenti eretti a partire dall’immediato dopoguerra in questi due territori dove la presenza delle formazioni partigiane fu fortissima e la lotta di Liberazione dal nazifascismo più lunga, dura e cruenta.

Ogni “pietra” racconta una storia, dietro ogni storia ci sono volti di uomini, donne e anche bambini. Fatti che risalgono ai venti mesi fra il settembre 1943 e l’aprile 1945, a volte quasi dimenticate, che quasi sempre vedono giovani partigiani caduti per quell’ideale di libertà che “per non chinare la testa” li aveva spinti a “prendere la strada dei monti”.
La ricerca si è spinta oltre e il libro propone – per la prima volta riuniti insieme e integrati con nomi dimenticati – gli elenchi delle vittime di quegli anni: partigiani, civili, militari caduti in maggioranza sui fronti russo, greco o albanese, militari alleati morti qui durante missioni in territorio occupato.
Un’impresa non facile, ma ora quei nomi incisi sulle Pietre di Libertà tornano ad essere persone e si prestano ad un approfondimento e, magari, un’escursione su quei sentieri dove, anche e soprattutto a Pontremoli e a Zeri, “è nata la nostra Costituzione” come ebbe a dire Piero Calamandrei. Dalla valle del Magra fino a quella del torrente Adelano, passando per le vallate intermedie e i crinali appenninici, con alcune “divagazioni” in val Parma e in val di Vara.
Impossibile riassumere qui le tante storie, quasi sempre drammatiche: le prime vittime dello scontro armato sono i paracadutisti inglesi fucilati al Passo della Cisa nell’ottobre 1943; le ultime sono i cinque partigiani caduti tra Codolo e Dozzano il 15 aprile 1945.

Tra le centinaia di nomi dei patrioti caduti, le tre medaglie d’oro al valor militare: al “reggiano” Fermo Ognibene caduto a Succisa alla metà del marzo 1944 per mano dei fascisti della XMas; al siciliano Nino Siligato, ucciso dai tedeschi a Codolo il 20 gennaio 1945; al diciottenne Pietro Polesi, morto a Casa Corvi tre settimane prima della Liberazione. E poi le tante medaglie d’argento e di bronzo, prova di quanto siano stati drammatici quei mesi in un territorio ultimo ad essere liberato dell’Italia centrale.
Occupa tre pagine l’elenco dei partigiani caduti tra Pontremoli e Zeri: con loro anche i nomi dei pontremolesi e degli zeraschi morti lontano: tra questi Giovanni Lorenzelli da Patigno, fucilato nel territorio comunale di Riccò del Golfo a San Benedetto dove è ricordato da una lapide. Significativa la storia di Bruno Chiodi, di Braia, che ha trovato la morte per mano tedesca nel nord della Corsica, a Ghisonaccia, dove era emigrato con il padre: il suo nome ricorre tra i figli di Corsica “morts pour la patrie” in ben tre monumenti, due dei quali a Bastia. Lungo e doloroso l’elenco dei civili che hanno perso la vita: a Zeri nei rastrellamenti, a Pontremoli anche nei bombardamenti alleati oltre per il piombo nazifascista.
Si tratta spesso di casi isolati, di vittime singole, passati dalla vita alla morte senza preavviso e senza un perché. Come è accaduto a Zefferino Casa, agricoltore di Oppilo, uscito presto dalla propria abitazione una mattina dell’ottobre 1944 per vendere i prodotti della terra, arrestato dai tedeschi e fucilato nei pressi dell’ospedale di Pontremoli: la moglie e il figlio avrebbero conosciuto la sua tragica fine solo nella primavera successiva.

E che dire di Albina Guerisoli, arrestata a Zeri perché aveva macellato un capo di bestiame sottraendolo all’ammasso, incarcerata a Massa e trucidata alle Fosse del Frigido il 16 settembre 1944 con altre 158 persone? Nell’elenco di donne, uomini e bambini, che i curatori (Paolo Bissoli, Mauro Malachina, Raffaello Nadotti, Caterina Rapetti e Vanessa Valenti con contributi di Angelo Angella e Anna Rapetti) hanno ricostruito, riemergono dal silenzio del tempo decine e decine di nomi di civili che, in circostanze e luoghi diversi, hanno perso la vita a causa della guerra e dell’occupazione nazifascista.
Zeri li ha ricordati riunendoli in una grande lapide eretta a Patigno nel 1990: nomi e volti ai quali ora il volume affianca dati e informazioni. A Pontremoli un monumento di questo genere non c’è: a distanza di quasi ottant’anni ricostruire l’elenco delle vittime civili è stata impresa difficile.
Emergono storie da approfondire, come quella del ferroviere Gino Roncucci, 46 anni di Pontremoli, morto nel giugno del 1943 a Livorno sotto un bombardamento alleato della linea ferroviaria: è il primo civile pontremolese rimasto ucciso per causa bellica di cui si abbia notizia. Un triste elenco che si conclude con le giovani vittime di tragici giochi con i residuati bellici negli anni immediatamente successivi la fine del conflitto. Completano il libro gli stradari dei due Comuni: strade e piazze intitolate a persone o formazioni partigiane protagoniste di quei terribili mesi.