
Segnali positivi, ma tante incertezze per il futuro anche prossimo
I segnali positivi nei numeri dell’epidemia – calo dei ricoveri, delle emergenze, dei decessi e anche dei contagi – hanno fatto crescere un’altra febbre: la voglia di “liberi tutti”, anche se siamo ancora lontani dai parametri indicati dagli esperti come limiti al di sotto dei quali si potrebbe cominciare a sentirci un po’ più sicuri.
Se a questo si aggiunge il fatto che restano, comunque, molto diversi i dati nelle diverse regioni, con quelle del Nord che continuano a pagare il prezzo maggiore all’aggressione del virus, si può capire perché il presidente del Consiglio Conte abbia iniziato a far circolare l’idea di “un programma nazionale di riaperture che tenga però conto delle peculiarità territoriali”, pur mantenendo, per ora, il riferimento del 4 maggio come inizio della fase 2.
Farlo prima, spiega, “sarebbe irresponsabile” perché sull’altro piatto della bilancia pesa lo spettro di una risalita della curva dei contagi che renderebbe vani tutti gli sforzi e i sacrifici realizzati finora. Ognuno è libero di dare più o meno risalto alle due facce del problema: da una parte gli indiscutibili tentennamenti dell’esecutivo nel prendere i provvedimenti necessari, dall’altra l’ormai conclamata impossibilità, anche per gli esperti, di dare risposte certe sulle modalità da seguire per limitare i contagi. Stretto tra le responsabilità legate al suo ruolo e le spinte all’apertura provenienti dal mondo dell’industria e anche dai privati cittadini, si può capire che Conte possa avere più di un dubbio.
I numeri della diffusione della pandemia in Italia, alle 18 di lunedì 20 aprile, confermavano una catastrofe mai vista nell’ultimo secolo. I soggetti positivi sono saliti a 108.237 (+2.256 rispetto al giorno prima); i deceduti risultano essere 24.114 (+454); i guariti 48.877 (+1.822). Il bicchiere mezzo pieno, però, ci dice che sono in calo sia i dati dei nuovi positivi che dei ricoverati (anche quelli in terapia intensiva) e, soprattutto, dei decessi. Anche se, per qualche tempo, dovremo convivere con immagini come questa, si intravvede la luce.
Questo ha già innescato le discussioni sulle modalità e i tempi dell’allentamento delle misure che hanno bloccato il Paese. Chiarimenti da parte del governo sono attesi per questa settimana.
Resta il fatto che le decisioni spettano a lui in rappresentanza del governo ed è lui che ci deve mettere la faccia, magari dopo aver rivisto e ridotto il numero di esperti che, invece, ci vogliono mettere la lingua! Sì, perché anche questi ultimi sono in disaccordo tra di loro, per non parlare di chi rappresenta le Regioni. Agli stracci che sono volati tra Nord e Sud, risultato di una voglia di protagonismo degna di miglior causa, fanno riscontro le varie sfumature espresse dai tecnici sulle modalità della ripresa: ci sono i favorevoli, i contrari e anche coloro che scelgono la virtù delle possibili opzioni intermedie.
Se una riapertura a pelle di leopardo può sembrare la più logica in base al diverso andamento dell’epidemia nelle varie Regioni, più difficile è immaginare come una decisione del genere potrebbe essere realizzata. Se il Paese si rimette in moto, come si potranno, poi, limitare i contatti e gli scambi tra i diversi territori, contigui ma non solo, legati alla circolazione di merci e di persone?
Facile prevedere che il ritorno alla normalità possa avvenire con ritmi diversi, magari mantenendo le “chiusure” di interi territori. L’attesa non sarà lunga, stante l’impegno di Conte a fornire “i dettagli entro questa settimana”. (a.r.)