
La festa per eccellenza

Come insegnava San Giovanni XXIII: prima ciò che unisce; eh sì, perché innanzitutto la Pasqua in oriente e occidente è uguale: cade di domenica, al termine di una Santa Settimana, preparata da una Quaresima, calcolata in base alla luna di primavera. Per le chiese di tradizione orientale (ortodossi ma anche cattolici) la Pasqua è ancora più festa: è davvero cioè la festa per eccellenza, più sentita che da noi al punto che il saluto più usato tra i cristiani è: “Cristo è risorto!”.
Si inizia con la Domenica delle Palme e poi la Cena del Signore, il Venerdì della Sua morte, la grande Veglia della risurrezione, la Messa il giorno di Pasqua. Proprio come da noi. Certo, differenze ce ne sono. Già al Concilio di Nicea nel 325 si auspicava di trovare un’unica data per la Pasqua; il Concilio Vaticano II finisce con lo stesso auspicio senza che il problema sia risolto.

Abbiamo due calendari che slittano di 13 giorni l’uno sull’altro (gregoriano-giuliano); la luna può essere la stessa, tuttavia gli orientali scelgono sempre la domenica dopo la settimana della Pasqua ebraica e così spesso la data non coincide. Notiamo subito differenza perché la Liturgia è tutta cantata, è più lunga che da noi, i fedeli si fanno molte volte il segno della Croce, non si usano strumenti musicali, i paramenti sono differenti, si usa normalmente l’incenso.

Tuttavia questo fa parte del consueto modo di celebrare della tradizione più antica e orientale. Ci sono invece delle importanti differenze nel come sono vissuti alcuni riti e soprattutto come sono preparati. La differenza inizia già da casa.
La tradizione è più radicata per cui, già in famiglia e sin dalla quaresima, si vive il cammino verso la Pasqua con la scelta di alcuni cibi e l’eliminazione di altri. In particolare, la Settimana Santa è caratterizzata dalla preparazione di cibi tradizionali che vengono portati in chiesa il Sabato Santo per essere benedetti e dalla preparazione delle uova dipinte, innanzitutto di rosso, e decorate per essere poi benedette durante la prima parte della Veglia Pasquale.

Un rito molto particolare si svolge nel tardo pomeriggio del Grande Venerdì (Venerdì Santo) dopo i Vespri. È la processione dell’Epitaffio: un’arca tutta addobbata di fiori che porta in orizzontale un telo dipinto o ricamato con l’immagine del Cristo deposto dalla croce. Il rito è molto sentito e suggestivo; lo vidi la prima volta a Genova, celebrato dai greci: una piccola comunità in processione per le strade trafficate in un giorno che per gli altri era un giorno qualunque.
Tornati in chiesa, tutti, uno alla volta, a venerare la sacra immagine con la prostrazione ed il bacio; e tutti portavano via, alla fine, uno dei fiori come ricordo di quel momento di tristezza e speranza.
Alla Veglia Pasquale partecipano davvero tutti, portando le uova e candele decorate con fiori. Vi sono usi diversi; i russi iniziano per tempo con dei lettori che si alternano canterellando il Libro degli Atti degli Apostoli, finché inizia il rito vero e proprio, con un lucernario che ha un chiaro richiamo ai riti gerosolimitani del Santo Sepolcro, una processione fuori dalla chiesa e la proclamazione del Vangelo della risurrezione.
Il celebrante acclama molte volte, in tutte le lingue conosciute dall’assemblea: “Cristo è risorto!”, mentre tutti rispondono “È veramente risorto!”: è l’annuncio a tutto il mondo, a tutti i popoli, in tutte le lingue del centro della nostra fede.
Don Luca Franceschini