
Mettendo insieme i tanti problemi che vengono collegati all’inattesa situazione determinata dal coronavirus, si ha come l’impressione che l’offensiva scatenata da questo nuovo nemico dell’uomo funzioni come il famoso pettine nei confronti degli altrettanto famosi nodi. Insomma, è un po’ il tempo di ripensare ai tanti avvisi sul rischio deragliamento cui l’umanità sarebbe andata incontro continuando a correre sui binari di uno sviluppo selvaggio.
Non per cinismo, ma come contributo alla riflessione cerchiamo di sottolineare alcune delle incongruenze che in questi giorni balzano agli occhi. Pima di tutto l’idea-abitudine di andare dovunque ci venisse in mente. La costrizione all’interno delle mura domestiche sta ridisegnando le aspettative di ognuno di noi: bisogna impegnarsi con forza per pensare alla prossima vacanza, peraltro senza immaginare né dove né come sarà possibile trascorrerla. Per tanti lunigianesi della diaspora potrebbe essere la riscoperta della seconda casa, a volte avvertita come un dazio da pagare per l’affetto ai luoghi e alle persone.
Cosa dire della “follia” di un sistema commerciale – che, ammettiamolo, ha affascinato tutti – che con l’acquisto on line ci ha illuso di poter avere tutto e subito e al prezzo più basso?
È stato tutto un effetto domino che prima ha spostato gli acquisti dal paesello o dal quartiere cittadino ai centri commerciali, poi da questi a internet. Facendo orecchi da mercante di fronte alle lamentele dei dipendenti delle aziende del commercio on line per il trattamento subito.
Dietro questo, la follia produttiva. Piano piano, nei generi di largo consumo, sono scomparsi i marchi storici, sono stati chiusi gli stabilimenti nel cosiddetto primo mondo perché non c’era possibilità di competere con i prezzi applicati ai prodotti provenienti dai terzi mondi che si sono via via affacciati alla cuccagna del mercato internazionale: chi ricorda ancora che il primo Paese a dare il via a questa valanga fu il Giappone con le mitiche radio a transistor?
Non vorremmo esagerare, ma chi riesce ancora a pensare cosa può mancare a un bambino per fargli un regalo? Tanto per fare un po’ di movimento: alzi la mano chi, di fronte a prodotti all’apparenza equivalenti, sceglie quello decisamente più costoso solo perché “made in Italy”.
Poi il settore alimentare, con le fragole ad ogni stagione; la politica, con l’incapacità a fare fronte comune anche davanti al disastro; l’Europa, ancora utopia dopo più di 60 anni; la finanza, già pronta a calcolare i possibili guadagni che deriveranno dal rimbalzo dell’economia a fine crisi…
Lo so, pensare a queste cose non aiuta a tirarsi su di morale, ma potrebbe prepararci a meglio definire eventuali cambiamenti che, una volta sconfitto questo nuovo nemico, potremo apportare ai nostri stili di vita!
Antonio Ricci