“Anche i detenuti siano responsabili”

L’appello dell’ispettore dei cappellani nelle carceri per il rientro delle rivolte

11carceriSi è allargata a macchia d’olio, alla stregua del virus, la rivolta scoppiata tra i detenuti nelle carceri italiane. Inizialmente legata all’introduzione delle misure di contenimento del diffondersi del Covid-19, ben presto la protesta ha fatto riemergere tutti i problemi che da anni caratterizzano la situazione carceraria, a partire dalle carenze del personale di vigilanza.
Di certo, la situazione di sovraffollamento, in momenti in cui si sente parlare di “distanze di sicurezza”, non aiuta a calmare gli animi; tuttavia, appare spropositata la situazione di violenza che si è venuta a creare in una trentina di istituti dislocati un po’ dappertutto in Italia. Molti sono stati gli episodi di violenza e distruzione registrati, fino all’evasione e alla morte di alcuni detenuti, questi ultimi per abuso di sostanze stupefacenti sottratte alle infermerie saccheggiate.
Cerca di ricondurre il tutto ad un livello di ragionevolezza l’ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, don Raffaele Grimaldi, che, in una intervista al Sir, rivolge un appello ai detenuti: “Pure il carcere deve affrontare delle rinunce come il resto della società”. Perciò invita i carcerati a “comprendere la situazione” perché le misure adottate sono per il loro bene e per quello dei loro famigliari.
Don Raffaele, però, rivolge un invito anche alle autorità preposte perché questo, dice, “è anche il momento di favorire le misure alternative, soprattutto per chi gode della semilibertà e per chi sta alla fine della pena, in questo modo si alleggerirebbe la situazione all’interno delle carceri, che vivono criticità legate al sovraffollamento”.
Tutto ciò, tuttavia, “non giustifica, da parte dei detenuti, violenza e prevaricazione che fa ulteriormente aggravare le condizioni delle carceri. D’altra parte, è il momento di assumere, da parte di chi ha il potere, decisioni forti e anche impopolari”. “Il mio auspicio – aggiunge – è che il Signore possa illuminare e guidare coloro che hanno la responsabilità di offrire risposte urgenti, senza essere ostaggio di prepotenze e di ricatti, affinché si possano ristabilire la tranquillità e il dialogo per un lavoro sereno per tutti”.
L’ispettore generale dei cappellani sottolinea che “c’è lo sforzo, da parte delle Direzioni delle carceri italiane, di far sì che aumentino telefonate e collegamenti Skype con le famiglie, anche se molti dei nostri istituti non sono attrezzati per tutto questo”.
Queste carenze creano “una situazione di grande precarietà per affrontare l’emergenza”. “I cappellani – aggiunge – sono gli unici che possono entrare”; per questo don Raffaele ha chiesto ai confratelli “di intensificare ancora di più la loro presenza in questo periodo particolare di fragilità” per “far capire ai detenuti che siamo accanto a loro, che non li abbandoniamo”.