
Santo Natale (Is 9,1-6; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14)

E mentre il potere esercita il suo delirio tentando la conta degli uomini di tutta la terra, Dio nasce. E mentre il potente di turno muove migrazioni di uomini in nome di un folle censimento Dio, semplicemente, nasce. E nasce in quella terra che non è certo pronta, in quella terra che non sarà mai davvero pronta.
Dio nasce prendendosi gioco delle follie dei potenti, si accoda al primo flusso migratorio che da Nazaret sale a Betlemme e, illudendo la miopia imperiale, obbedendo a una legge umana, porta a compimento una profezia. Ed è già un insegnamento.
Dio si impasta anche con la mia di storia, è un quasi niente, un pugno di cellule in ventre di madre, eppure segue la mia vita. è solo un neonato però è lì, è nel cuore di ogni storia. è nel cuore della mia storia. Segue i flussi delle mie decisioni con disarmante docilità, lui non invade, ma se lo cerco, semplicemente c’è. Leggero e vitale come un respiro.
Signore il nostro Natale sia segnato dalla capacità di sentire il tuo respiro dolce sulla nostra storia; vitale, caldo respiro che ama, soffio di vita. Signore che in questo natale il nostro cuore possa imparare che tu, e solo tu, sei nostro respiro.
Poi è la vita che nasce. Dio viene alla luce, carne, paglia e sangue. Semplicemente vita. La miracolosa semplicità di un neonato che, nascendo, chiede cura. Ed è già indizio di quel capovolgimento evangelico che accompagnerà la vita di questo bambino: non è Dio a prendersi cura dell’uomo ma, in Gesù, è Dio che chiede cura all’uomo.
Dio permette alla mia vita di imparare gesti divini. è questa la fede, è questa la bellezza del Vangelo, un Dio che mi rende capace di gesti divini: come generare, mettere al mondo, amare, perdonare, avvolgere in fasce e deporre in una mangiatoia. Ecco i primi gesti dell’uomo con un Dio a piangergli tra le mani, i primi gesti suscitati da Dio in Maria: fasciare e deporre.
Signore il nostro Natale abbia i tratti materni di Maria. Sia un Natale di fasce: rendici capaci di fasciare le fragilità dei nostri fratelli, di curare le ferite, di stendere veli di misericordia sui litigi famigliari, sulle incomprensioni… su tutto ciò che nell’uomo sanguina vita. E poi deporre. Deporre l’orgoglio, deporre i risentimenti, deporre le banalità, deporre la violenza… deporre la paura. Deporre la nostra vita, tutta la nostra vita, in una mangiatoia… perché sarà Natale solo quando sentiremo che siamo fatti per sfamare il bisogno d’amore che abbiamo dentro e intorno a noi.
Signore in questo Natale donaci il coraggio di guardarti, di guardarti negli occhi e di sentire che non sei tu oggi a nascere, tu sei già nato; siamo noi a dover nascere, a dover rinascere, finalmente, uomini: di fasce e deposizione, di tenerezza e coraggio. Di libertà e di cura. Uomini e donne così umani da poter osare gesti divini.
don Alessandro Deho’