Politica e ricerca del consenso: mal comune mezzo gaudio?
Pedro Sanchez, leader del Partito Socialista spagnolo
Pedro Sanchez, leader del Partito Socialista spagnolo

Se piange il cuore guardando ad una situazione politica italiana – tra partiti che sperano di aumentare il loro consenso elettorale schierandosi su posizioni sempre più estreme e nuove formazioni che nascono per concedere ai loro leader una qualche visibilità mediatica – al momento incapace di esprimere maggioranze solide e coese, cosa si dovrebbe dire di un Paese come la Spagna che, alle urne per la quarta volta in 4 anni, non è riuscito a chiarire a quale maggioranza gli spagnoli vogliano affidare il governo?
I risultati del voto di domenica scorsa confermano il Partito socialista di Sanchez al primo posto (28,0% dei voti, 120 seggi), ma con 3 seggi rispetto alle elezioni dello scorso aprile; il Partito popolare recupera una ventina di seggi (va a 88, ne aveva 66) e sale al 20,8%. A conquistare i titoli delle prime pagine di tutti i giornali è stata, però, l’ultradestra di Vox che, pur non sfondando, diventa terzo partito a livello nazionale con il 15,1% di preferenze e 52 seggi (più del doppio: ne aveva 24).
Si confermano, di fatto, la sinistra di Unidos Podemos (11.9%, 35 seggi) e la forza centrista dei Ciudadanos (15,8%, 57 seggi). I consensi ottenuti dai partiti minori (compresi gli indipendentisti catalani) consegnano un parlamento frammentato e di nuovo caratterizzato dalla grande difficoltà, se non impossibilità, di formare un governo che possa contare su di una maggioranza qualificata; né una coalizione di sinistra né una di destra, infatti, può raggiungere i 176 seggi necessari per governare.
Un dato, quest’ultimo, che deve far riflettere perché in questa prospettiva assumono significati preoccupanti sia il successo di Vox (“cugino” dei vari Orban in Ungheria e Salvini e Meloni in Italia) che l’ulteriore calo del 4% dei votanti: tutti segnali di sfiducia nei confronti della politica “tradizionale”.
Curiosamente, c’è chi attribuisce il successo di Vox sia alle vicende catalane che alla polemica sulla rimozione del corpo di Francisco Franco dalla Valle dei Caduti, il monumento che commemora le vittime della Guerra Civile. Si ha la netta impressione che, anche in Spagna come in Italia e in tanti altri Paesi (compresa la “culla” della democrazia: il regno Unito), i politici convinti sostenitori del sistema democratico debbano fare corsi di aggiornamento accelerati per cercare di capire i cambiamenti che stanno trasformando il corpo elettorale. Resta, poi, il problema di fondo della questione catalana.
Una volta dimostrato che non è la via giudiziaria quella che potrà risolvere una situazione di crisi politica ormai incancrenita, sarà compito del nuovo governo (se e quando si formerà) proporre incontri politici dai quali possano emergere proposte di vie di uscita pacifiche capaci di riportare il senso di appartenenza dei catalani nell’alveo di un confronto democratico.

Antonio Ricci