Le nostre città tornino a liberarsi del rumore

Una riflessione nata dal ritrovamento di un’ordinanza “antirumore” del 1965 della nostra Provincia

rumore città-2Ci sono alcune situazioni che si verificano da tempo e alle quali nessuno pone rimedio, perché vengono ormai accettate come inevitabili. Ad esempio lasciare l’auto con motore acceso anche sullo stop per andare a ritirare i soldi al bancomat, oppure cartelli di divieto di sosta che non vengono rispettati, o ancora alimenti, come il pane, che vengono maneggiati dopo aver toccato i soldi. Fra le inevitabili situazioni da subire c’é anche quella che riguarda il rumore, o meglio il disturbo di quella che si chiama la quiete, sia pubblica o meno. Ora che arriva la stagione calda é piacevole rimanere all’aperto a conversare fino a tarda sera ma lo si dovrebbe fare evitando di disturbare chi non vuole prendere parte alla conversazione, perchè magari intende dormire. Forse c’è sempre stato il problema degli schiamazzi, del parlare a voce alta, insomma di quello che si può definire rumore, cioè suoni genericamente fastidiosi. Infatti nel consultare alcuni documenti all’ Archivio di Stato di Pontremoli (che per fortuna è stato riaperto) ci siamo imbattuti in una comunicazione del luglio del 1965 a cura del consigliere delegato Cav. Plinio Volpi dell’Ente Provinciale del Turismo di Massa Carrara: “Nel quadro a suo tempo programmato della campagna contro i rumori a la tutela delle attività turistiche e della salute dei nostri concittadini vengono inviati ai comuni della provincia manifesti e cartoline invitandoli alla diffusione”. Si aggiunge poi “Per dare avvio simultaneo in tutti i Comuni della Provincia alla lotta contro i rumori che tanto danneggiano il prestigio del nostro paese, il riposo dei nostri ospiti e l’equilibrio psichico dei nostri concittadini si invia alla S.V. un primo gruppo di 200 manifesti con preghiera di disporne l’affissione a spese di codesto benemerito Comune che legittimamente si attende un più prezioso avvenire dalla difesa e dalla ulteriore espansione delle attività turistiche”. Immaginiamo quali rumori potessero esserci a Pontremoli nel 1965 se confrontati con quelli di oggi, ma interessante è “la preoccupazione comunque di non danneggiare l’equilibrio psichico dei cittadini e il riposo degli ospiti. Con la distribuzione di manifesti e cartoline si intendeva sensibilizzare la popolazione dei Comuni della Provincia”. Oggi forse non avrebbero una efficacia tale da ostacolare le pratiche rumoristiche perchè ancora una volta è l’educazione a giocare il ruolo principale e quindi la scuola e la famiglia. Qualcuno dirà che si…batte ancora lì, ma sono certamente ancora gli snodi principali per nuove pratiche e nuovi atteggiamenti rispettosi dei diritti altrui. Da tempo si discute di qualità della vita, di luoghi nei quali recuperare dimensioni naturali nei quali fra l’altro la pratica del silenzio assume una centralità vitale. Nel quotidiano La Repubblica di un po’ di tempo fa nell’articolo “Aiuto, è scomparso il silenzio” si scriveva “Il rumore è una presenza costante della nostra vita e cresce il desiderio di luoghi, ormai sempre più rari, non inquinati da suoni artificiali. In Italia sono le mete ideali. Ecco una buona idea per chi amministra e per chi volesse provare a intraprendere questa strada magari seguendo l’intuizione di Gordon Hempton che ha creato la rete dei Quiet Parks”. Intanto per cominciare sarebbe bello che le scuole avviassero un progetto di educazione al silenzio non ovviamente nel senso di trovare il modo di far stare zitti gli alunni, ma nell’ambito dell’educazione alla salute e poi che anche le amministrazioni si ponessero il problema e assumessero le necessarie azioni. Perchè il turista oggi è alla ricerca di luoghi nei quali è evidente una buona qualità della vita e un bel segno di benvenuto potrebbe essere sapere di trovarsi in una Città liberata dal rumore.

Fabrizio Rosi