“La sinodalità è la cartella clinica della Chiesa italiana”

Papa Francesco all’Assemblea generale dei vescovi italiani: tra i temi affrontati l’ applicazione della riforma del processo matrimoniale canonico e il possibile sinodo della Chiesa italiana

21cei_papaSinodalità e collegialità; riforma del processo matrimoniale; rapporto tra vescovi e sacerdoti. Si è articolato intorno a questi tre temi il discorso a braccio rivolto all’Assemblea generale dei vescovi italiani da Papa Francesco, accolto dal saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei: “Lei ci accoglie con gioia in questa sua casa che sentiamo anche nostra”.
Parlando a braccio per una ventina di minuti prima dell’incontro “a porte chiuse” con i vescovi, Bergoglio ha annunciato di voler riprendere alcune questioni già sottoposte all’attenzione dei presuli, “per approfondirle e integrarle con questioni nuove per vedere insieme a che punto siamo”. Citando le parole pronunciate in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, il Papa ha ribadito che “il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio: è dimensione costitutiva della Chiesa”.
La sinodalità, ha spiegato citando la plenaria 2017 della Commissione Teologica Internazionale su questo tema, “è la cartella clinica dello stato di salute della Chiesa italiana e del vostro operato pastorale ed ecclesiastico”. Non è mancato un riferimento ad un possibile Sinodo della Chiesa italiana: per farlo “si deve incominciare dal basso verso l’alto, e dall’alto verso il basso con il documento di Firenze”, ha detto il Papa, esortando ad adottare come “Magna Charta”, “ancora vigente”, il discorso da lui rivolto alla Chiesa italiana nel quinto convegno decennale nazionale.

Papa Francesco con il card. Bassetti all'Assemblea generale della CEI
Papa Francesco con il card. Bassetti all’Assemblea generale della CEI

Quanto al bilancio dell’applicazione della riforma del processo matrimoniale canonico, varata con i due Motu proprio del 2015, Francesco ha espresso il suo rammarico perché “la riforma, dopo più di 4 anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella gran parte delle diocesi italiane”, nonostante la Chiesa italiana abbia “previsto un aggiornamento circa la riforma del regime amministrativo dei tribunali ecclesiastici”.
“Non dobbiamo mai dimenticare che la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico – caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure – è volta a mostrare che la Chiesa è madre e ha a cuore il bene dei propri figli, che in questo caso sono quelli segnati dalla ferita di un amore spezzato”.
“E pertanto, ha ribadito, tutti gli animatori del tribunale devono agire perché questo si realizzi… Non permettiamo che gli interessi economici di alcuni avvocati oppure la paura di perdere potere di alcuni vicari giudiziari frenino o ritardino la riforma”. Parlando del rapporto tra i sacerdoti e i vescovi, il Papa ha spiegato che esso “rappresenta una delle questioni più vitali nella vita della Chiesa”.
A questo proposito ha citato le “parole sagge” del card. Bassetti: “Se si dovesse incrinare questo rapporto tutto il corpo ne risulterebbe indebolito. E lo stesso messaggio finirebbe per affievolirsi”. “Il vescovo è il pastore, il segno di unità per l’intera Chiesa diocesana, il padre e la guida per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti”, l’identikit di Francesco, secondo il quale “alcuni vescovi, purtroppo, fanno fatica a stabilire relazioni accettabili con i propri sacerdoti, rischiando così di rovinare la loro missione e addirittura indebolire la stessa missione della Chiesa”.
“I sacerdoti sono i nostri più prossimi collaboratori e fratelli. Sono il prossimo più prossimo!”, ha esclamato. “La comunione gerarchica crolla quando viene infettata da qualsiasi forma di potere o di autogratificazione personale”, mentre “si fortifica e cresce quando viene abbracciata dallo spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio”.
Un pastore vero vive “in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, senza discriminazione e senza preferenze, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi”. Di qui la necessità di “non cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o ‘arrampicatori’ e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici”.
“I nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi – il grido d’allarme del Papa – e hanno vivo bisogno di trovare nel loro vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili”.