
Domenica 6 gennaio, Epifania del Signore
(Is 60,1-6; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12)
Epifania significa manifestazione dall’alto. Protagonisti e simbolo ne sono alcuni maghi. Magia, due millenni fa, era legata al sapere: sia quello evidente che quello nascosto, sia quello fatto a fin di bene che quello votato al male. L’uso del vocabolo magi ci autorizza a pensare a sapienti, esploratori e ricercatori che cercano il bene. Infatti guardano verso l’alto e, osservando con attenzione, vedono la stella.
Non è una cometa. Forse è la congiunzione tra i pianeti di Giove e Saturno nella costellazione dei pesci, evento ricostruito da Keplero oltre 1600 anni dopo. Certamente è il riferimento al libro dei Numeri (cap.24). Il re Balak, nemico giurato dei discendenti di Giacobbe, assolda il sacerdote Balaam per maledire il popolo ebreo. Il sacerdote però, ascoltando la voce del Signore, invece di maledire per tre volte benedice Israele e profetizza: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele.”
Forse i magi non avevano letto la Torah, la conoscevano invece benissimo e ne comprendevano appieno il significato i lettori dell’evangelista Matteo. Oltre a guardare verso l’alto, i Magi sono pronti ad un lungo, scomodo ed incerto viaggio. È vero cha hanno come riferimento la stella ma, quando entrano in Gerusalemme, la perdono.
In quel luogo, e soprattutto nel palazzo reale, non brilla nessuna luce spirituale. È di nuovo sul Libro che si scopre dove andare per poter riprendere il viaggio, ritrovare la stella e giungere alla destinazione che comporta l’incontro con colui che permette di cambiare la vita.
I lettori del Vangelo di Matteo, l’unico che presenta i Magi, hanno da sempre amato questi personaggi. Ne hanno stabilito il numero, i nomi, la provenienza e li hanno fatti “re”. Questo riconoscimento ha un fondamento biblico.
Il salmo 72 profetizzando il sovrano ideale, il Messia recita: “Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.” Ancora in Isaia al capitolo 49 “I re vedranno e si alzeranno in piedi, i principi vedranno e si prostreranno.” I magi portano tre doni. Oro, incenso e mirra.
L’oro rappresenta la divinità regale. L’incenso è segno del sacerdozio: il popolo ebreo è infatti popolo sacerdotale. La mirra è l’unguento delle spose: Israele, che in lingua semitica è vocabolo femminile, viene indicata come la sposa dell’Altissimo.
Quei doni allargano a tutti i popoli della terra la dignità, il dialogo con Dio ed il rapporto strettissimo che il Signore, che tutti ama, vuole con ogni abitante della Terra.
Tre i doni, quindi si è pensato che tre fossero i magi, di età e di colore della pelle diversi, a rappresentare tutti gli uomini della Terra. Per vivere pienamente l’Epifania, si deve guardare verso l’alto, cercare la stella, mettersi in cammino, trovare Gesù grazie al Vangelo e portare i nostri doni.
Poi, come è accaduto ai Magi, percorrendo una nuova via, cambiare vita.
Pier Angelo Sordi