
Le notizie più recenti dicono che sulla nave Sea Watch c’è chi sta rifiutando il cibo e che sulla Sea Eye è stata razionata l’acqua e sta cominciando a mancare il carburante. Per i 49 migranti che sono sopravvissuti alle torture dei campi libici è ormai il diciottesimo giorno di agonia supplementare sulle due imbarcazioni.
Eppure nulla si muove: le diplomazie stanno ancora giocando sulla vita di alcuni poveri diseredati diventati ostaggio dei giochi politici dei vari Paesi, non ultimo l’Italia che, con Salvini, vuol mostrare i muscoli. È vero che non ha tutti i torti quando chiede che sia l’Europa e non solo l’Italia ad assumersi il peso dei migranti… ma l’umanità e il diritto sono cose diverse.
Negli ultimi giorni si è levata forte anche la voce di Papa Francesco: “Da parecchi giorni quarantanove persone salvate nel Mare Mediterraneo sono a bordo di due navi di Ong, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone”. Era il giorno dell’Epifania e il giorno successivo è ritornato sull’argomento nell’incontro annuale coi rappresentanti del Corpo diplomatico.
In Italia, intanto, c’è chi, come i sindaci di Palermo e di Napoli, dichiara di non voler obbedire alla chiusura dei porti. Di Maio, afferma di essere disponibile ad accogliere 10 donne e bambini senza i padri e i mariti e il presidente Conte propone di accoglierne 15 per non dividere le famiglie. Salvini continua a dichiarare di interessarsi dei 5 milioni di italiani in povertà e dice ai sindaci di pensare ai loro cittadini.
Ci sarebbe da chiedersi dove era Salvini mentre cresceva il numero dei poveri italiani, visto che 5 milioni non possono nascere dall’oggi al domani come per incanto. Spesso era al governo e comunque in posizioni di potere, eppure la povertà non era nella sua agenda.
Per tornare ai 49 disperati al largo di Malta, nessuno parla del rapporto di 61 pagine pubblicato congiuntamente dalla Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Esso copre un periodo di 20 mesi fino all’agosto 2018, e descrive in dettaglio una terribile litania di violazioni e abusi commessi da diversi soggetti contro migranti e rifugiati: uccisioni illegali, torture, detenzioni arbitrarie, stupri di gruppo, schiavitù, lavoro forzato ed estorsione.
Il rapporto afferma che la Libia non può essere considerata un luogo di sicurezza dopo il salvataggio o l’intercettazione in mare e osserva che questi “respingimenti” sono stati considerati dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura come violazioni del principio di non respingimento, proibite dal diritto internazionale. La Libia non è propriamente il Paese della “pacchia”.
Giovanni Barbieri