
Promosso dall’Istituto Storico della Resistenza con un saggio del figlio Brian e foto in gran parte inedite
Il maggiore inglese Gordon Lett fuggì dal campo di prigionia di Veano (PC) il 10 settembre 1943 con l’intento di unirsi alle forze armate britanniche. Invece trovò rifugio nella valle di Rossano dove organizzò la Resistenza con un eterogeneo gruppo di altri militari fuggiti dai campi e con giovani del luogo. A Zeri nasceva così quel Battaglione Internazionale che avrebbe combattuto a fianco dei partigiani contro i nazifascisti per venti lunghi mesi.
Dalla collaborazione tra l’Istituto Storico della Resistenza Apuana e il figlio dell’ufficiale inglese, Brian, nasce “Gordon Lett. Amico dell’Italia” un libro che, accanto alla descrizione dei fatti, propone immagini di luoghi e protagonisti a 75 anni da quei terribili mesi. Sono 118 fotografie (in gran parte inedite) che ci ripropongono volti e situazioni di un periodo di storia tutto sommato breve ma di straordinaria importanza per il nostro vivere oggi in un’Italia libera e democratica.
Le immagini ci mostrano prima Gordon Lett giovane ufficiale in India, poi in Africa e “finalmente” nelle nostre montagne, tra Rossano e Albareto; con altri ufficiali e militari alleati, con i partigiani della zona, con i civili il cui aiuto fu determinante. Ci sono i grandi amici di Gordon Lett: quelli che ce l’hanno fatta come Tarquinio Deluchi, Daniele Bucchioni e Federico Salvestri “Richetto” e quelli che hanno sacrificato la propria vita per la Libertà come Antonino Siligato.
Foto rare e straordinarie come la Messa al campo davanti all’ospedale “dei partigiani” di Albareto o come quelle dei lanci alleati a Rossano; e poi la presenza di Gordon Lett a Pontremoli fino all’immagine inedita della jeep in piazza della Repubblica una settimana dopo la Liberazione e a quelle degli incontri con i partigiani nel palazzo comunale.
Ma non vi è alcun dubbio che uno dei motivi perché la società pontremolese ricordi ancora in modo così nitido la figura e le azioni del magg. Gordon Lett sia lo stretto rapporto che questi ha avuto con mons. Sismondo; un rapporto iniziato a distanza già prima di conoscersi di persona, grazie alla fama che caratterizzava entrambi e che, fatto di stima reciproca, riuscì ad evolvere in gratitudine e amicizia rendendo possibili risultati di grande portata come la richiesta del vescovo al maggiore che venissero evitati nuovi bombardamenti alleati su Pontremoli e che le formazioni partigiane rinunciassero ad attaccare la città ancora occupata da un forte presidio tedesco.
Fu così che la città venne risparmiata e tante vite salvate. Il racconto che Brian Lett propone è ricco di informazioni, spunti e riflessioni: emerge un punto di vista che quell’ufficiale, arrivato a Rossano nell’autunno 1943, ha potuto descrivere nei diari ma che non sempre ha riportato nei libri pubblicati nel decennio successivo alla fine della guerra, in anni nei quali il proprio ruolo nell’esercito e il clima politico internazionale lo obbligarono a mantenere una forma di autocensura.