Il pericolo ailanto, pianta sempre più diffusa

Crea preoccupazione la sua presenza infestante anche sul nostro territorio

Un esemplare di ailanto, la pianta infestante che si sta diffondendo sempre più anche in Lunigiana
Un esemplare di ailanto, la pianta infestante che si sta diffondendo sempre più anche in Lunigiana

Tutti conoscono la pianta dell’ailanto, così come tutti conoscono la robinia, popolarmente nota come ‘acacia’ o ‘gaggìa’. Anche perché, come la robinia, da anni si trova dappertutto e continua a diffondersi senza freni in buona parte del nostro continente. L’ailanto (o albero del Paradiso), scientificamente ailanthus altissima, è una pianta decidua appartenente alla famiglia delle Simeroubaceae, originaria di alcune regioni occidentali della Cina, nonché della Corea e di Taiwan. Vagamente simile, per le foglie composte, alla robinia (di cui possiede la qualità di infestante, ma non altre caratteristiche che lo rendano interessante ), l’ailanto si sta trasformando in un incubo perché, nel giro di pochi decenni, ha colonizzato vaste zone e minaccia lo sviluppo di altre specie forestali locali a causa delle sostanze tossiche (allelopatiche) che produce. Insomma, un vero flagello, a lungo inopinato, da quando, durante il XIX secolo, se ne introdussero in Italia i primi esemplari allo scopo di alberare viali e parchi e poi per produrre un particolare baco da seta: rivelatosi di qualità inferiore rispetto a quello del gelso, ne venne in breve abbandonata la coltivazione. Negli ultimi trent’anni, si è assistito a vista d’occhio alla progressiva e preoccupante invasione della pianta che è in grado di farsi presto albero e che, pur prestandosi al consolidamento di terreni franosi, sterili, di rilevati stradali e ferroviari, suggerisce ormai un attento controllo alla sua propagazione. L’ailanto non ha molte esigenze: si adatta e resiste al caldo, al freddo, alla siccità, non teme inquinanti come piogge acide né terreni salini. Ama la luce e pertanto non penetra nel fitto dei boschi. Queste caratteristiche molto rustiche gli fanno temere pochissimi nemici; lo si trova ai bordi delle strade, lungo le linee ferroviarie, in aree industriali dismesse, alligna fra i ruderi e i muri e al margine di aree boschive. Si diffonde rapidamente sia per seme che per talea dei polloni basali, dei rami e delle radici. Il contatto con corteccia, radici e foglie può causare dermatiti e allergie, oltre al cattivo odore che emanano le foglie strofinate. Dalla pianura alla collina, dal fondovalle alle quote di bassa montagna fino a 800 metri circa, è praticamente impossibile non imbattersi in esemplari di ailanto in fase di colonizzazione. Se si aggiunge che il legno non è di buona qualità, né per robustezza né per durata, e che il miele dei fiori di ailanto non è certo apprezzato come lo sono, invece, sia il legno (duro, pesante e resistente) sia il miele (rinomato per delicatezza) di robinia, la sentenza nei confronti di questo… invasore non può essere che malevola e proprio per il rischio di una sua eccessiva proliferazione una volta che se ne dovesse perdere il controllo. Infatti, va tenuto presente che estirparlo è tutt’altro che facile poiché, se semplicemente potato, rimette vigorosamente. Molto impegnativa ne risulta altresì l’eradicazione, cui deve seguire la bruciatura delle piante morte e, in nessun caso, il compostaggio dei residui verdi. L’eventuale uso di diserbanti, con un soggetto simile, è materia da esperti addetti ai lavori nel corso di apposite campagne di contenimento. A livello europeo, sono state adottate misure ad hoc anti-ailanto e altre specie invasive e minaccianti la biodiversità (Convenzione sulla Biodiversità, CBD), ratificata dall’Italia con la legge n° 124/1994. Alle amministrazioni pubbliche e, in particolare, agli enti preposti alla salute e all’armonia del mondo verde, è demandata l’indifferibile lotta alla invasione di ailanto. (m.r.)