C’è vita, fuori dalla Rete dei social network
Il passaggio di alcuni pellegrini lungo la via Francigena
Il passaggio di alcuni pellegrini lungo la via Francigena

I social network stanno influenzando la società reale in maniera estremamente incisiva. Il loro avvento non solo ha modificato le relazioni personali, ma anche i processi di costruzione, talvolta manipolazione, dell’opinione pubblica.
L’utilizzo della Rete come “barometro” privilegiato degli umori profondi della società ha contribuito a diffondere l’idea che l’Italia di questi anni sia percorsa quasi esclusivamente da sentimenti di livore, opportunamente veicolati a fini elettoralistici.
Che l’Italia di oggi sia un Paese meno sereno e anche più arrabbiato che in passato non è un mistero: un ente di ricerca autorevole come il Censis, a inizio anno, nel suo Rapporto sulla situazione sociale del Paese ha evidenziato che “cresce l’Italia del rancore”.
Ma davvero l’alto livello di aggressività che si registra sui social network e che spesso, privo di qualsiasi freno inibitore, si riversa su conoscenti, sconosciuti e personaggi pubblici può essere considerato il ritratto più fedele del nostro Paese?
Esisterà pure un’Italia del rancore, resa ancor più evidente dagli “odiatori” di internet, ma riponendo gli smartphone o spegnendo una tv dispensatrice di paure ed emergenze permanenti si può osservare un’Italia, non certo minoritaria, del tutto diversa da quella del rancore.
Senza allontanarci dal nostro territorio e dalle nostre comunità in un periodo privilegiato per le relazioni quale è il periodo estivo che sta terminando, per chiunque è stato possibile osservare i volti e il vissuto di chi ha speso energie per organizzare centri estivi, feste paesane, campi parrocchiali; di chi è silenziosamente e quotidianamente impegnato nell’accoglienza dei migranti nei centri di accoglienza e negli Sprar; di quanti operano nel volontariato senza cercare “like” su Facebook; è stato possibile soprendersi dei sorrisi dei sempre più numerosi viandanti che con bagaglio spartano percorrono la via Francigena allacciando amicizie vere sulla strada e non su un social network, o del camminare sereno degli Scout nelle loro route, o ancora dell’orgoglio di chi tiene aperta una bottega in paesi spopolati per potere offrire un segno di vitalità a chi torna ad aprire una casa due settimane ad agosto.
Sì, c’è un’Italia di persone che silenziosamente fanno la propria parte per rendere ogni giorno la propria esistenza e la propria comunità più bella e vivibile, diversa da quella impaurita e rancorosa che primeggia sui social network.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli “odiatori” e i livorosi di Facebook sono in fondo le stesse persone che nella vita reale assumono atteggiamenti positivi e costruttivi. Un motivo in più perché ognuno faccia spazio ad una riflessione sui sentimenti e sui bisogni che nascono nella realtà virtuale piuttosto che nel vissuto reale. Spegniamo lo smartphone, c’è un mondo fuori che ci interpella.

(Davide Tondani)