In Siria ancora morte e fuga dopo sette anni di guerra civile

Medio Oriente: iniziata con la repressione voluta da Bashar al Assad, si combatte e si muore dal 2011.
Era la Mezzaluna fertile e oggi è contesa dalle maggiori potenze mondiali in un intrigo di alleanze e contrapposizioni armate. E qui oggi si registra la peggiore catastrofe umanitaria

Siria_profughiCi sono luoghi della Terra privilegiati dalla natura, ricchi di acqua e molto fertili: quello di più antica presenza umana e dove i pastori nomadi si trasformarono in agricoltori è la Mezzaluna Fertile lungo le valli del Tigri e dell’Eufrate, di cui una parte è in Siria; qui nacquero le prime comunità organizzate già da quattromila anni a.C. (Damasco, la città profumata, è considerata la più antica città abitata con continuità), favorite dalle condizioni naturali e climatiche.
Passati i millenni, la terra siriana per la sua posizione strategica al centro di tre continenti, Europa, Asia e Africa, è ancora nell’interesse di dominatori esterni. Dopo i moltissimi dei secoli passati, gli inglesi e i francesi del primo Novecento, nella Siria, indipendente dal 1946, i contendenti di oggi si chiamano turchi, russi, statunitensi, iraniani, sauditi, afgani, le tante fazioni interne islamiste divise tra sunniti, sciiti, alawiti e minoranze varie tra cui i curdi.
Dal 15 marzo 2011 in Siria c’è guerra civile che si è internazionalizzata per il coinvolgimento di potenze grandi e regionali. È iniziata con la repressione sanguinosa, voluta dal presidente Bashar al Assad, di fatto un dittatore succeduto al padre altrettanto duro, di manifestazioni pacifiste per riforme che, come per altri paesi abbiamo chiamato “primavere arabe”, speranze di democrazia andate alquanto deluse per tutti e trasformate in sangue e rovine in Siria.
Oggi qui c’è la peggiore catastrofe umanitaria.

Silenzio e indifferenza mentre si consumano stragi di innocenti

13siria_bambiniSono forse io il custode di Abele? Come in Caino anche in noi prevale un colpevole tirarsi fuori dalla responsabilità verso gli altri. Sarà cinico egoismo o rassegnazione, ritenendo che non possiamo fare niente per fermare le trenta guerre che sono in corso, la diffusa violazione dei diritti umani, del “diritto in guerra” di non torturare i prigionieri, di dare a tutti soccorso in mare, di non uccidere i bambini, di non violare le donne, di non usare armi chimiche. Invece qualcosa di efficace si può organizzare: intanto la denuncia forte e insistente delle tragedie nei mezzi di informazione.
13siria_bambini1Se vogliamo salvare la democrazia, ci vogliono cittadini che si mobilitano, che scendono in piazza quando è il momento giusto. Lo abbiamo fatto l’ultima volta nei giorni del sequestro Moro: non salvò l’uomo ma sconfisse la brigata assassina. Se la storia può insegnare qualcosa, sappiamo che dopo il delitto Matteotti Mussolini per tre giorni rimase in silenzio convinto di dover andarsene a casa, ma, visto che gli italiani non protestarono, dichiarò di essere il mandante e fu piena dittatura.
È l’ora di gridare contro l’inerzia e il silenzio delle istituzioni; qualche mobilitazione c’è stata solo a Padova e poche altre città. L’Onu tace, non reagisce per la violazione dell’accordo che imponeva una tregua in Siria, non denuncia che la Turchia ha invaso la zona curda di Afrin (al contrario si comportò per l’invasione del Kuwait). Da tre anni bombe saudite, vendute anche dalle democrazie occidentali compresa l’Italia, massacrano lo Yemen in una feroce guerra civile, ma nessuno se ne cura, nessuno ascolta il pianto dei bambini. La Nato, di cui la Turchia è membro importante, non fa niente contro le politiche repressive di Erdogan e le sue ambigue relazioni con lo ”zar” russo.
L’Europa è inerte perché non vuole concordare una comune politica estera. Ognuno nel tormentato Medio Oriente continua a inseguire il proprio interesse nazionale come al tempo dei piccoli principati, invece viviamo in un mondo globale dove insieme si prospera o ci si immiserisce.

I mostruosi terroristi dell’Isis (acronimo per Islamico Stato Iraq Siria) sono stati sconfitti quasi del tutto, a Kobane da parte dei curdi, a Raqqa dall’esercito fedele ad Assad col sostegno dei bombardieri russi di Putin IV; però rimangono attivi per rinnovate stragi in Europa. L’intrigo di alleanze e contrapposizioni armate in Siria è al momento molto complesso e ambiguo: gli attori in causa si possono schierare nel fronte sciita costituito dall’esercito siriano del presidente Assad (ridimensionato per morti e defezioni ma che conserva controllo di territori strategici), Russia, Iran principale alleato che dà soldati, consiglieri militari e molti soldi, combattenti afgani, iracheni, Hezbollah dal Libano.
13siria_militariContro sono i ribelli riuniti all’inizio in “Esercito siriano libero” che pian piano si è dileguato lasciando spazio a tante fazioni, la più forte è Al Nusra che vorrebbe formare uno stato islamico dopo la sconfitta dell’Isis, forse finanziata dai paesi del Golfo e che gli Usa e l’Onu considerano terrorista.
Altro attore è il popolo curdo in Siria di Nord-Ovest; a lungo represso, è riuscito a stabilire una propria amministrazione locale, aiutato dagli americani e dalla comunità internazionale, Italia compresa, per la lotta contro l’Isis, ha controllo su oltre un terzo del territorio siriano fino all’Eufrate, su Aleppo e località vicine alla frontiera turca dove è Afrin.
Questa città da qualche settimana è sotto le bombe dei turchi che vogliono allontanare dai loro confini i curdi che considerano ingiustamente terroristi, ma il loro obiettivo è anche il petrolio, hanno aperto canali diplomatici coi russi e da metà febbraio hanno messo in atto l’operazione cinicamente chiamata“Ramo d’olivo” con la quale il presidente turco Erdogan intende estendere l’occupazione ad altre città curde col miraggio di ricostituire un Impero ottomano, crea tensioni con gli Stati Uniti, con la Nato e l’Europa.
Altro luogo di morte e devastazione è adesso Ghouta alla periferia di Damasco dove l’esercito siriano sta vincendo contro ribelli jihadisti e salafiti, che usano anche i civili dei loro gruppi pur di non arrendersi, colpisce ospedali, scuole, blocca i soccorsi umanitari, aggrava lo stress idrico, deciso a vincere, costi quel che costi, per una vittoria definitiva e per trasferire lontano gli sconfitti.
La guerra civile in Siria si è caricata di un’ulteriore causa, prima secondaria, quella della conquista dei pozzi del petrolio, pochi ma ricchi e necessari per le casse statali. La domanda angosciante è se sarà possibile la ricostruzione della Siria dopo tante stragi che hanno colpito milioni di persone dentro il paese e quattro milioni di profughi, in numero enorme bambini sfollati e disperati.

Maria Luisa Simoncelli