Embraco: non di soli bilanci deve vivere un’impresa

L’inquietante vicenda della azienda di Riva di Chieri

EmbracoQuello della Embraco di Riva di Chieri (TO) è l’ultimo caso di una visione del fare impresa votata al raggiungimento di bilanci attivi e basta, legata a logiche incapaci di considerare lavoratori e territorio come risorse preziose da rispettare, prima ancora che da adoperare.
L’azienda è di proprietà del gruppo multinazionale Whirpool, a sua volta in mano a investitori statunitensi, e ha una dirigenza brasiliana. Quello di Riva di Chieri è uno dei poli produttivi sparsi per il mondo. Un altro, dove fra l’altro sono finite le lavorazioni che prima venivano svolte in Italia, è in Slovacchia. Poi c’è davvero il resto del mondo. Solo in Europa e in Africa Whirpool è presente in 26 Paesi ai quali si aggiungono le sedi collocate negli Usa, in America Latina e in Asia. Attualmente il gruppo occupa poco meno di centomila persone. C’è quindi da chiedersi quale significato abbiano, per la casa madre, 497 dipendenti che vivono e lavorano in un paesino piemontese.
Logiche diverse, quindi, governano l’agire di Embraco-Whirpool rispetto a quelle delle organizzazioni sindacali o del Governo. Diversità di cui è necessario prendere consapevolmente atto. E che in qualche modo sono la rappresentazione concreta di quell’economia dello scarto sul cui necessario capovolgimento Francesco ha insistito più e più volte.
Concetti ribaditi anche dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, in occasione del suo incontro con gli operai davanti ai cancelli della fabbrica: “Chi pensa di risolvere il problema di un’azienda licenziando gente è come se volesse vendere la sua gente e domani venderà la sua dignità”.
Ma le logiche distanti anni luce si ritrovano anche confrontando la non-etica del profitto di Embraco-Whirpool con quella cultura d’impresa laica e consapevole che il profitto non è il solo traguardo dell’agire imprenditoriale, ma che c’è – e ci deve essere – altro oltre alla chiusura dei bilanci in attivo. Sempre di più nelle politiche industriali e aziendali, si diffonde la coscienza della necessità di un profitto sociale che deve essere perseguito con forza al pari di quello economico.
È quella che si chiama Responsabilità sociale d’impresa che acquisisce spazio. E che proprio in Italia ha avuto ed ha esempi importanti, anche fra i grandi gruppi industriali. Altro – si badi bene – dal buonismo paternalistico dell’imprenditore padre-padrone.
Le indicazioni dell’oggi fanno purtroppo pensare che la vicenda dell’Embraco sia destinata a concludersi malamente, a meno che le strade della reindustrializzazione dell’area oppure quella degli aiuti di Stato non possano essere percorse con decisione e velocità. Ma se un insegnamento da tutto ciò può essere tratto, questo deve produrre un’indicazione chiara: le cieche logiche d’impresa non possono essere più accettate.

A.Z. – Agensir