
Atleti del Nord andranno alle olimpiadi invernali. I Giochi si svolgeranno a Pyeongchang, nella Corea del Sud, dall’8 febbraio. Per mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon: è “l’avvio di un dialogo nella penisola”
Non vorremmo peccare di ottimismo, ma qualcosa del genere è, in modo del tutto inaspettato, “scoppiato” tra le due Coree, da decenni impegnate a fronteggiarsi in cagnesco lungo la linea smilitarizzata. A volte gli aspetti positivi legati agli eventi storici ritornano sovvertendo in positivo situazioni che sembravano immutabili nella loro negatività. È il caso delle tregue legate alle Olimpiadi dei tempi antichi, che impegnavano i contendenti di eventuali guerre in atto a sospendere, nel nome dello sport, ogni attività guerresca per tutto il tempo della durata dei Giochi.
Per la prima volta dal 2015, nei giorni scorsi due delegazioni di Nord Corea e Sud Corea si sono incontrate nel villaggio di confine di Panmunjom per un colloquio che è stato definito di “alto livello”.
L’argomento all’ordine del giorno era quello di concordare la partecipazione di una delegazione di atleti del Nord alle Olimpiadi invernali che si terranno nel territorio del Sud, a Pyeongchang, dall’8 al 25 febbraio con la cerimonia d’apertura prevista per venerdì 9 febbraio. Simbolico anche il luogo dell’incontro: la “Casa della Pace”, costruita nel giugno 1980 per l’incontro tra primi ministri di Corea del Sud e del Nord e situata all’interno della striscia di terra demilitarizzata istituita con l’armistizio del 27 luglio 1953, che pose fine alla Guerra di Corea.
Nel corso dei colloqui è emerso che la Corea del Nord ha deciso di inviare alle prossime Olimpiadi una vera e propria delegazione – anch’essa definita “di alto livello” – della quale faranno parte atleti, sostenitori, gruppi di performance artistica, team dimostrativo di taekwondo (l’arte marziale nazionale) e funzionari di vertice. Il Sud a sua volta ha replicato con la proposta che gli atleti delle due squadre sfilino insieme alla cerimonia di apertura e chiusura: una posizione che trova sostenitori anche nella parte avversa.
Si può sperare che, come accadde negli Anni 70 per i rapporti tra Cina e Stati Uniti, da un fatto prettamente sportivo possa nascere qualcosa di più: l’avvio di un percorso di pace che ponga fine a decenni di incomprensioni. Uno sviluppo di quel tipo sarebbe sorprendente, soprattutto pensando alle continue tensioni di questi ultimi mesi tra il Davide Usa e il Golia Nord Corea.
Vanno in questo senso le dichiarazioni di mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon che ha definito “importante” quanto emerso durante i colloqui. Anche secondo mons. You l’incontro potrebbe rappresentare “l’avvio di un processo di dialogo nella penisola”, come auspicato da sempre dai vescovi. In questa ottica appare importante il fatto che da parte della Corea del Sud sia stata avanzata la proposta di avviare una discussione sulla situazione delle famiglie separate, in vista della festa del Capodanno lunare che si celebra il 14 febbraio.
Una delle conseguenze più assurde derivate dalla divisione tra le due Coree appare proprio il dramma delle famiglie separate fra le due parti della penisola; in questi lunghi anni, infatti, i loro membri si sono potuti vedere solo in occasione di incontri programmati con cadenza annuale, ai quali si può accedere in seguito ad una estrazione a sorte dei nomi.
“Bisogna continuare e non stancarsi mai nel cercare una via per la convivenza e la riconciliazione”, esorta il vescovo You. “E per questo bisogna dialogare, negoziare, incontrarsi, continuare il dialogo. Senza tutto questo, non c’è alcuna possibilità di avvicinamento”.
(Antonio Ricci)