Settimana Sociale di Cagliari: dignità del lavoro, tutela della persona

Il videomessaggio del Papa: senza lavoro non c’è dignità, ma non tutti i lavori sono degni perché ci sono lavori che umiliano la dignità delle persone: il commercio delle armi, il lavoro nero, lo sfruttamento dei minori, il traffico della prostituzione.

Papa_Francesco“Noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, […] che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”: queste parole, scritte da Giuseppe Toniolo, l’ideatore (nel lontano 1907) delle Settimane Sociali, sono state ricordate da Papa Francesco come “memoria fondativa” nel suo videomessaggio ai partecipanti alla 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Cagliari.
Francesco ha quindi ricordato i tanti personaggi che nelle Scritture sono definiti dal loro lavoro: “il seminatore, il mietitore, i vignaioli, gli amministratori, i pescatori, i pastori, i carpentieri, come San Giuseppe… Il Verbo stesso di Dio, Gesù, non si è incarnato in un imperatore o in un re ma ‘spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo’ per condividere la nostra vicenda umana… al punto da essere noto come falegname o figlio del falegname”. Gli stessi discepoli sono chiamati dal Signore mentre stanno lavorando, “come è avvenuto per i pescatori che Egli invita per farli diventare pescatori di uomini”. Quindi uno dei suoi slogan preferiti: “Senza lavoro non c’è dignità”, ripetuto “proprio a Cagliari nel 2013 e lo scorso maggio a Genova”. Il problema è che non tutti i lavori sono ‘degni’.
“Ci sono lavori, ha specificato il Papa, che umiliano la dignità delle persone” – il commercio delle armi, il traffico della prostituzione, lo sfruttamento dei minori, il lavoro in nero, quello gestito dal caporalato, i lavori che discriminano la donna e non includono chi porta una disabilità -. “Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori, che vivono nel timore di perdere la propria occupazione”.
Tutto questo genera “l’angoscia di poter perdere la propria occupazione. Precarietà totale. Questo è immorale. Questo uccide: uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Il lavoro in nero e il lavoro precario uccidono”. “La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono”. Non minore è il dramma sociale e umano causato dalla disoccupazione: “Il mio pensiero va anche ai disoccupati, ha detto Francesco, che cercano lavoro e non lo trovano, agli scoraggiati che non hanno più la forza di cercarlo e ai sottoccupati… A loro dico: non perdete la fiducia”.
Netta la condanna per un sistema economico che mira ai consumi “senza preoccuparsi della dignità del lavoro e della tutela dell’ambiente. Ma cosi è un po’ come andare su una bicicletta con la ruota sgonfia: è pericoloso! La dignità e le tutele sono mortificate quando il lavoratore è considerato una riga di costo del bilancio, quando il grido degli scartati resta ignorato. A questa logica non sfuggono le pubbliche amministrazioni, quando indicono appalti con il criterio del massimo ribasso senza tenere in conto la dignità del lavoro come pure la responsabilità ambientale e fiscale delle imprese.”.
Il Papa, però, ha messo anche in luce i “segni di speranza” presenti nella nostra società, come “le tante buone pratiche” messe in atto nelle diverse diocesi e presentate nelle giornate di Cagliari: esse “ci insegnano due virtù: servire le persone che hanno bisogno; e formare comunità in cui la comunione prevale sulla competizione”. “Nulla, ha aggiunto, si anteponga al bene della persona e alla cura della casa comune, spesso deturpata da un modello di sviluppo che ha prodotto un grave debito ecologico. L’innovazione tecnologica va guidata dalla coscienza e dai principi di sussidiarietà e di solidarietà. Il robot deve rimanere un mezzo e non diventare l’idolo di una economia nelle mani dei potenti; dovrà servire la persona e i suoi bisogni umani”. Richiamando il noto brano del Vangelo di Matteo (20,1-16), Francesco ha ricordato che “il Signore è giusto anche con i lavoratori dell’ultima ora, senza essere lesivo di ciò che è ‘il giusto’ per i lavoratori della prima ora. La diversità tra i primi e gli ultimi lavoratori non intacca il compenso a tutti necessario per vivere. È, questo, il “principio di bontà” in grado anche oggi di non far mancare nulla a nessuno e di fecondare i processi lavorativi, la vita delle aziende, le comunità dei lavoratori”. In conclusione di messaggio, l’augurio “di essere un ‘lievito sociale’ per la società italiana e di vivere una forte esperienza sinodale… Le vostre riflessioni e il confronto possano tradursi in fatti e in un rinnovato impegno al servizio della società italiana”.