
Continuano i lanci di missili
È un clima teso quello che si respira a Seul dopo l’ennesimo lancio, l’undicesimo nel 2017, di un missile da parte della Corea del Nord avvenuto il 4 luglio, nel giorno in cui gli Stati Uniti celebravano l’Independence Day. È Antonio Fiori, docente di relazioni internazionali dell’Asia dell’Est all’Università di Bologna, nella capitale sudcoreana per una serie di corsi, che riferisce al Sir come la Corea del Sud sta vivendo le provocazioni di Pyongyang. Le preoccupazioni, però, non sono tanto originate dal nuovo presidente Moon, quanto dall’idea di un possibile colpo di mano degli Americani che potrebbe dare origine ad una situazione preoccupante e pericolosa.
L’aumentata aggressività di Pyongyang, collegata ad un deciso passo in avanti tecnologico che molti, da anni, temevano, ha messo tutti sul chi va là, ma, fa notare Fiori, se è vero che il missile ha avuto una gittata di circa 930 chilometri, è altrettanto vero che se i Nordcoreani vogliono colpire gli Usa devono coprire una distanza di circa 7mila chilometri, il che rende la minaccia inverosimile. Questa dimostrazione di forza si inserisce in un contesto di confusione piuttosto pronunciata nell’area ma, secondo lo studioso, in questo momento in Asia, il pericolo non giunge tanto dalla Corea del Nord quanto dal fatto che gli Americani e il loro presidente non abbiano capito che non devono tirare la corda con i cinesi, addossando su di loro la colpa.
E a proposito di Trump, Fiori giudica “abbastanza scandaloso” che reagisca con un tweet del genere – “Questo tizio non ha niente di meglio da fare nella sua vita?” – a un evento così destabilizzante come il lancio di un missile che può portare testate nucleari. Uno stile “poco serio, estremamente pericoloso, per niente ironico” e indice di una persona che non ha calcolato i rischi e non ha capito come si stanno muovendo gli assetti politici del continente. Difficile pensare che Kim faccia attenzione alle dichiarazioni di Trump, ma se quest’ultimo reagisce, l’obiettivo di mettere in agitazione un avversario immensamente più potente si può dire almeno in parte raggiunto. Il rischio di una guerra nucleare c’è, ma non più di quanto c’è stato fino ad oggi. Ciò che colpisce è l’attività militare degli americani: in questo momento il loro armamentario è stazionante nei pressi della penisola coreana, moltissimi sono i soldati di stanza o in arrivo a Seul, senza parlare di svariate navi giunte nella regione o dei Navy Seals, uomini addestrati ad andare oltre le linee nemiche.
Un augurio di una qualche forma di riconciliazione tra i due Paesi espresso dal Papa potrebbe non essere sufficiente a far cambiare idee e atteggiamento al dittatore Kim, ma se un pronunciamento di tal genere dovesse arrivare, potrebbe essere in qualche modo positivo e di sicuro male non farebbe.