
Si rinnova da 71 anni la Festa del Teatro. “Vangelo secondo Lorenzo” lo spettacolo andato in scena a 50 anni dalla morte del priore di Barbiana
Da 71 anni a San Miniato la Fondazione Istituto Dramma Popolare realizza spettacoli di valore religioso e spirituale. Quest’anno l’incontro è stato con don Lorenzo Milani, un uomo universo di idee e di iniziative profetiche, illuminate dalla fede, che servì la Chiesa nei suoi poveri. Alla prima dello spettacolo in San Francesco il 20 luglio erano presenti soci dei Serra Club della nostra diocesi col governatore Enrico Mori e membri della redazione del Corriere Apuano.
Era un teatro di parole, realizzato con apparati semplici, con interpreti bravi che hanno rappresentato Vangelo secondo Lorenzo, testo di Leo Muscato regista e di Laura Perini, Alex Cendron nel ruolo del protagonista. I due Atti mettevano a fuoco l’apostolato di don Milani cappellano a Calenzano e priore a Barbiana, “sperduto e vuoto paese abitato dagli spiriti” dove morì nel 1967 a 44 anni.
Dal piccolo cimitero dove riposa don Lorenzo parla ancora e lo ha confermato con forza papa Francesco in visita lo scorso 20 giugno quando ha delineato la figura di don Milani come “credente, innamorato della Chiesa, anche se ferito, ed educatore appassionato”. La rappresentazione teatrale – dopo una breve testimonianza biografica sul giovane Lorenzo “bello, intelligente, magnetico” che nel cupo tempo della guerra prese la strada del sacerdozio, un mistero che la madre e gli amici non seppero spiegarsi – dà subito vigore alle permanenti e feconde provocazioni del giovane prete.
A Calenzano conosce i problemi di sfruttamento del lavoro salariato e aiuta la povera gente a difendersi dai soprusi: “insegniamo ai poveracci a leggere e scrivere, a conoscere i propri diritti e a far comprendere alla gente semplice che il Vangelo non è una cosa vuota”. Don Lorenzo parlava a operai comunisti e scomunicati, sindacalisti in tempi di guerra fredda e di aspre tensioni politiche, ne guadagnò la stima e il rispetto, aprì un scuola popolare e provò ad “agire nel rispetto più assoluto al Vangelo”.
Col forte senso di libertà che aveva dentro di sé attraversa le calde competizioni elettorali tra DC e PCI, rifiuta i consigli elettorali che vengono dalla Santa Sede di votare DC per “obbligo di coscienza”, a prescindere dal pensare con la propria testa. La Curia fiorentina lo esilia a Barbiana, un monsignore si presenta in scena per dire “Se quella tonaca le stesse troppo stretta, saremmo ben contenti che la restituisse”. Lorenzo fu accusato di nuovo nel 1953 “di fare il gioco delle sinistre; di portare confusione tra il suo popolo ignorante” La perpetua Eda apre il II Atto raccontando l’arrivo a Barbiana sotto una furibonda pioggia, su sentieri sconnessi, la canonica fredda e umida, senza luce e senza acqua.
Subito Don Lorenzo si comprò un posto in cimitero perché “Se Dio ha voluto che venissi fin quassù, io quassù ci resterò per sempre”. Dagli operai del tessile ai contadini mezzadri è il nuovo ambiente di impegno pastorale e sociale del priore. Organizza una scuola per i bambini (un gruppo è stato bravo a interpretare la parte) semianalfabeti. La scuola di Barbiana è diventata un metodo originale che ha profondamente segnato l’idea dell’insegnamento con un maestro “con una visione della scuola che mi sembra – dice papa Francesco – risposta all’esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”. Barbiana produce anche politica, i ragazzi discutono sull’obiezione di coscienza che porta a rifiutare di prestare il servizio militare obbligatorio.
Don Lorenzo scrive Lettera ai cappellani militari che avevano accusato di codardia i primi obiettori. Finì sotto processo.
A Barbiana fu messo a punto il suo libro più noto Esperienze pastorali, fu un successo come Lettera a una professoressa. Consumato dal male, muore tra i suoi ragazzi ai quali ha insegnato a incontrare la verità.
(m.l.s.)