
A Pontremoli un incontro promosso dalla Fidapa Lunigiana.
Storia di uno strumento della Marina Italiana che ha cambiato il nostro modo di vivere
La sezione Fidapa di Lunigiana ha promosso una conversazione interessante e piacevole anche per un pubblico profano. A parlare era Paolo Tiberio, docente di informatica all’Università di Modena e Reggio E. figlio di Ugo Tiberio (Campobasso 1904 – Livorno 1980) considerato il padre del radar italiano. Senza fare ricorso a formule e a specialistiche nozioni ingegneristiche di telecomunicazione, è stato tracciato un profilo della trasmissione di notizie a distanza, una necessità nella storia. Possiamo partire da Filippide che nel 490 a.C. percorse km. 42,195 per annunciare agli ateniesi la vittoria contro i Persiani e morì di sfinimento appena arrivato (la maratona olimpica a ricordo); c’è stato l’uso di bandiere, segnali luminosi, piccioni viaggiatori, dal 1840 la posta, poi telefono e telegrafo con uso di rete con fili. La svolta da cui sono venuti tutti i sistemi contemporanei coi quali messaggiamo e cinguettiamo senza freno è venuta con le scoperte di Guglielmo Marconi (Bologna 1874 – Roma 1937), geniale inventore senza aver fatto scuole superiori e Università, uomo (come Enzo Ferrari) che passava subito dalla teoria alla pratica. Inventò l’antenna trasmittente che irradia o riceve onde elettromagnetiche dell’atmosfera, intuì la possibilità della trasmissione senza fili facendo colpire da un fulmine lo spazio tra due barrette con limatura di ferro, questa compattandosi rinviò nell’atmosfera parte delle onde, come un’eco. Nacque la radio, poi nel 1930 studiò le microonde primo passo verso il radar (acronimo per RAdio Detector And Rancing), riuscì a sintonizzare e a usare antenne paraboliche che modificavano la direzione in linea retta delle onde, tutto era collegato alla scoperta della ionosfera, regione dai 60 ai 500 km. dell’atmosfera con atomi carichi di elettricità per effetto delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, uno strato fondamentale per le radiocomunicazioni perché riflette verso terra le radioonde. Questi studi furono recepiti da Università e laboratori di ricerca stranieri, che capirono subito l’enorme utilità in anni di tamburi di guerra, un assistente di Marconi era inglese e fu una scelta imprudente perché forse era un infiltrato della Royal Navy. La Marina Militare e il governo fascista continuavano a concepire la battaglia navale solo a cannonate, quando gli altri avevano portaerei e radar. Ugo Tiberio, ingegnere e docente all’Accademia di Livorno (sarà poi docente di radiotecnica all’Università di Pisa per 20 anni), iniziò ricerche sul radar nel 1934 col modello Gufo, ma per segreto militare non poté pubblicare le sue ricerche. L’Italia entrò in guerra impreparata, gli uomini di governo non capivano l’importanza della ricerca scientifica, il 28 marzo 1941 si arrivò alla “Pearl Harbor” italiana, la battaglia di Capo Matapan al largo del Peloponneso, tremila marinai morti senza aver combattuto, 5 navi colate a picco intercettate dal radar inglese, le navi dell’ammiraglio Iachino erano come cieche. Dopo il disastro fu dato credito alle scoperte di Tiberio, ma i fondi per la ricerca erano risibili, e non c’erano le risorse umane per accelerare la produzione di radar chiamati radiotelemetri in Italia. Con l’8 settembre 1943 finisce l’esperienza di ricercatore solitario e inascoltato dell’ing. Ugo Tiberio, i cui studi sono stati consegnati dal figlio Paolo (che ama la Lunigiana) all’Università di Bologna.