Una Chiesa italiana in riforma permanente

Dall’assemblea dei vescovi i tre nomi per la scelta del nuovo presidente Cei. Le parole del Papa

CEI_papa_bagnascoEfeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Sette Chiese, destinatarie di altrettante lettere. Comincia così l’Apocalisse, e Papa Francesco, davanti ai vescovi italiani, la attualizza facendola diventare l’emblema della Chiesa in stato di riforma permanente. “La mia idea è un dialogo sincero con voi, dove si domandano le cose chiaramente e senza paura”, aveva detto a braccio prima di dare corso all’incontro riservato con i vescovi, a porte chiuse. Durante questa Assemblea – per la prima volta – i vescovi, tramite il voto elettronico, individueranno la terna di candidati da sottoporre al Papa per la successione al presidente uscente, il cardinale Angelo Bagnasco.
“Vi auguro che queste giornate siano attraversate dal confronto aperto, umile e franco. Non temete i momenti di contrasto: affidatevi allo Spirito”. Comincia così il testo del Papa, in cui il vescovo di Roma chiede alla sua Chiesa ”respiro e passo sinodale”. È vero, riconosce Francesco, il cammino della Chiesa è segnato anche da chiusure e resistenze: “Le nostre infedeltà sono una pesante ipoteca posta sulla credibilità della testimonianza”. Come la Chiesa di Efeso, “forse a volte anche noi abbiamo abbandonato l’amore, la freschezza e l’entusiasmo di un tempo”, il primo mea culpa. Come la Chiesa di Smirne, nei momenti della prova affiorano stanchezza, solitudine, turbamento, delusione e a volta anche scandalo. Come la Chiesa di Pergamo, anche noi “cerchiamo di far convivere la fede con la mondanità spirituale, la vita del Vangelo con logiche di potere e di successo, forzatamente presentate come funzionali all’immagine sociale della Chiesa”. È il tentativo di servire due padroni. Come la Chiesa di Tiatira, siamo tentati di ridurre il cristianesimo a una serie di principi: così, “si cade in uno spiritualismo disincarnato, che fa perdere la tenerezza della carne del fratello”. Come la Chiesa di Sardi, possiamo essere “sedotti dall’apparenza, dall’esteriorità e dall’opportunismo”.
Francesco evoca la “differenza cristiana”, quella che “fa parlare l’accoglienza del Vangelo con le opere, l’obbedienza concreta, la fedeltà vissuta; con la resistenza al prepotente, al superbo e al prevaricatore; con l’amicizia ai piccoli e la condivisione ai bisognosi”. Come la Chiesa di Filadelfia, siamo chiamati alla perseveranza, a buttarci nella realtà senza timidezze. Un invito alla Chiesa italiana ad approfittare “di ogni occasione per farci prossimo”. Come la Chiesa di Laodicea, rischiamo la tiepidezza del compromesso, l’indecisione calcolata, l’insidia dell’ambiguità.
Il Papa richiama Dietrich Bonhoeffer, che ci ricorda come la grazia a buon mercato è la nemica mortale della Chiesa. “Ci è chiesta audacia per evitare di abituarci a situazioni che tanto sono radicate da sembrare normali o insormontabili”. È il tema della riforma, che “non esige strappi, ma scelte coraggiose, che portano a lasciarsi ‘disturbare’ dagli eventi e dalle persone e a calarsi nelle situazioni umane”. Come scrive santa Teresa di Gesù Bambino, “solo l’amore fa agire le membra della Chiesa”. Infine, il grazie al cardinale Bagnasco per i dieci anni di presidenza della Conferenza episcopale italiana: “Grazie per il suo servizio umile e condiviso, non privo di sacrificio personale, in un momento di non facile transizione della Chiesa italiana e del Paese. Anche l’elezione e, quindi, la nomina del suo successore, altro non sia che un segno d’amore alla Santa Madre Chiesa, amore vissuto con discernimento spirituale e pastorale, secondo una sintesi che è anch’essa dono dello Spirito”.

M. Michela Nicolais