
Molto significativo il vertice a Roma per i 60 anni dell’Unione Europea: sono ora 27 i paesi dai 6 fondatori. La contabilità della strage infinita, che in 31 anni (1914-1945) aveva massacrato circa cento milioni di persone e ridotte in macerie le terre e le finanze, fece maturare la consapevolezza che il mondo non poteva più andare avanti così, soprattutto l’Europa, causa e teatro principale di tanto sangue.
Menti illuminate e cuori innamorati di pace avevano lavorato per far nascere la Comunità Europea, sul piano della integrazione delle politiche economiche con abolizione delle dogane, ma con la prospettiva e l’impegno di procedere verso una più stretta integrazione politica, libera circolazione delle persone, dei servizi e capitali. Un fatto del tutto nuovo che fu accolto con forte slancio ideale dai tanti che volevano aprire un tempo inedito nella storia degli Stati europei, da sempre in guerra.
Dal patto di Roma del 25 marzo 1957, l’Europa Unita ha conosciuto momenti di caduta della tensione ideale che la fece nascere, spesso interessi di parte, conflitti ideologici, chiusure nazionalistiche, opportunismi e il complesso fenomeno delle migrazioni hanno messo in crisi il progetto di stabilità nell’espansione, di equilibrio e lealtà, di riduzione delle disparità.
Di crisi dell’ideale europeistico si fa esperienza soprattutto negli ultimi anni: è un disagio di cui si alimentano mediocri forze politiche antisistema, corporative, senza proiezione sul futuro. Ma le conquiste molto positive ci sono state e vanno ribadite con forza: l’Europa unita è un nucleo vivente che ci ha fatto progredire.
Tre generazioni di europei da 70 anni vivono in pace (mai prima), le persone circolano liberamente, studiano, lavorano, mettono a frutto, dove non si insinua la corruzione, finanziamenti di molteplice destinazione.
Nel 1991 il trattato di Maastricht ha portato alla moneta unica. Scienziati acuti della finanza riconoscono che l’euro ci ha salvati dai disastri speculativi nella globale grave crisi economica che dura da dieci anni. La nostra lira svalutata avrebbe potuto favorire le esportazioni, ma enorme sarebbe stato il prezzo da pagare sulle materie prime di cui l’Italia è priva, indispensabili per l’industria manifatturiera.
Se la BCE da anni non acquistasse i Buoni Statali non potrebbe funzionare il Paese con enorme debito pubblico.
È nei momenti difficili che bisogna tenere alto l’ideale. Senza l’Unione europea siamo finiti, dobbiamo darle nuovo slancio contando non sulla via burocratica e gli assenteisti europarlamentari, ma solo su una forte spinta popolare, come raccomandava Altiero Spinelli, padre della Comunità Europea, sognata nel carcere di Ventotene e realizzata col tedesco Adenauer, il francese Schuman e i governi del Benelux.
Maria Luisa Simoncelli