Bagnasco: lotta alla mafia, lavoro, famiglia, giovani

Il Cardinale al Consiglio permanente Cei: “Serve prossimità”

prolusione_bagnascoNella prolusione del card. Angelo Bagnasco al Consiglio permanente Cei – l’ultima, in vista del passaggio di testimone previsto per la prossima Assemblea di maggio, quando i vescovi indicheranno la terna da sottoporre al Papa per l’elezione del nuovo presidente – oltre alla lotta alla mafia, hanno trovato spazio tutte le questioni più scottanti dell’attualità italiana.
Nel nostro Paese, il lavoro resta la prima e assoluta urgenza. Il suggerimento è quello di partire dal grido della gente per risolvere un problema che da anni taglia la carne viva delle persone. Di qui l’appello alla politica, distratta e litigiosa.
Ogni anno, in Italia, emigrano circa 30 mila giovani, ed altri 6 mila si rinchiudono in un mondo virtuale. Bagnasco ricorda che i giovani sono i nuovi emigranti per necessità, ma il loro sogno resta quello di farsi una famiglia propria con due o più figli.
La cultura del cambio di lavoro non è la nostra; i valori vincenti dell’Italia sono altri: “la preparazione seria, la capacità di relazione, il senso di squadra, lo spirito di adattamento”. Oltre al lavoro, ci vuole un fisco più equo, magari partendo da quel “fattore famiglia” che il Forum delle Famiglie e altre associazioni chiedono ormai da tempo. Non è in pericolo la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio, anche se continuamente denigrata dal “pensiero unico”: altri tipi di unione non sono paragonabili ad essa.
Non ha paura, il cardinale Bagnasco, di chiamare le cose col proprio nome, quando paragona la maternità surrogata a una “nuova forma di colonialismo capitalistico”. Essere genitori è cosa buona e giusta, ma non a qualsiasi costo. Specialmente quando il prezzo lo pagano i bambini, che hanno diritto ad essere allevati da papà e mamma, e le madri invisibili dell’”utero in affitto”, vittime – a causa della povertà – di una violenza discriminatoria.
Né accanimento, né eutanasia: questo è l’insegnamento della dottrina della Chiesa sul fine vita. Il ddl in discussione, denuncia il presidente della Cei, riduce il medico ad un funzionario notarile ed espone il paziente all’ambiguo arbitrio di “terapie proporzionate o sproporzionate”.
Continuano l’attenzione e l’impegno solidale dell’Italia verso i flussi di chi fugge da guerra, fame, persecuzione religiosa ed etnica, alla ricerca di un futuro migliore. Lo assicura il cardinale, quando ricorda i tre livelli su cui si articola l’azione della Chiesa: l’azione di sostegno direttamente nei Paesi di provenienza, la realizzazione di corridoi umanitari, l’accoglienza di base nelle parrocchie. Senza il contributo fattivo dell’Europa, però, l’Italia non può farcela: l’Unione europea deve arrivare fino alle nostre coste. Ci vuole più Europa, per contrastare Brexit e populismi. Primo banco di prova: la celebrazione, a giorni, del 60° anniversario dei Trattati di Roma.

M.M.N. – Agensir