La Lunigiana nelle relazioni della Guardia Nazionale Repubblicana tra il 1944 e il ‘45

 “Una popolazione indifferente che attende le truppe alleate”
Ad Aulla l’Assemblea annuale degli “Amici di San Caprasio”

Nuovo direttivo e programma 2017

All’affollata assemblea degli “Amici di San Caprasio” di sabato scorso il presidente don Giovanni Perini ha presentato il bilancio delle attività per il 2016: dalle mostre d’arte alle conferenze, all’accoglienza di gruppi in visita: 5.000 presenze, di cui 2.200 pellegrini provenienti da diverse nazioni. Un intenso lavoro svolto grazie all’impegno di tante volontarie e volontari. Il piccolo museo è diventato un luogo di incontri al quale molte persone hanno affidato oggetti di interesse storico-artistico che verranno presto esposti. Per il 2017, oltre alle attività culturali, sono previsti i lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche nel teatrino con i resti musealizzati della torre bizantina. Rinnovato il consiglio direttivo: don Giovanni Perini, presidente, Riccardo Boggi, vicepresidente, Gianfranco Angeloni, Enrico Fregosi, Achille Fiorentini, consiglieri; Paolo Coppelli, tesoriere; Sostine Miduri, segretario.

Aulla bombardataAlcune relazioni predisposte dalla Guardia Nazionale Repubblicana nel 1944 e 1945 sullo stato della situazione politico-economico della nostra provincia, allora chiamata Apuania, testimoniano come nel territorio si assista in pochi mesi ad un progressivo indebolimento del regime fascista, perché la popolazione, benché stremata da distruzioni, lutti e crisi economica, altre speranze non aveva se non quella di poter accogliere quelle truppe alleate ormai giunte nel litorale apuo – versiliese, ma che si attardavano troppo oltre le Apuane.
Gli osservatori fascisti sono sconcertati e non possono fare altro che rammaricarsi: “La popolazione continua a mantenersi indifferente nei riguardi degli sforzi che si fanno per la ripresa nazionale, la guerra col suo flusso e riflusso nella zona e i bombardamenti continui che hanno letteralmente distrutto paesi interi e procurato centinaia e centinaia di vittime, non hanno ripercussioni tali nella massa da farle cambiare atteggiamento”.
Nelle missive segrete si legge la preoccupazione per l’influenza che il clero esercita sulla popolazione, soprattutto nella diocesi di Pontremoli: “la situazione politico ed economica continua ad essere indecisa e non chiara: chi ha sempre prevalenza, soprattutto nella zona di Pontremoli, è il clero che ha notevole ascendente sul popolo e le sue massime evangeliche agiscono in senso negativo verso la Repubblica Sociale Italiana”.
Del resto avevano davvero di che preoccuparsi, perché a Pontremoli c’era Giovanni Sismondo, vescovo autorevole e generoso, che si era rifiutato di riconosce legittima la Repubblica Sociale Italiana e continuava, nonostante le diffide, a pregare per il re.
Obbligati a diffondere i proclami minacciosi contro i renitenti alla leva, i parroci si guardarono bene dall’impegnarsi nel segnalare i giovani renitenti ed anche per questo, nelle cronache dei libri parrocchiali di Mignegno, si legge: “Durante i rastrellamenti dell’estate 1944 numerosi parroci furono deportati a Parma. Ecco giornalmente passare, confusi con borghesi, sacerdoti, parroci, chierici, frati. Il 2 luglio fu acciuffato il parroco di Gravagna e spinto con un carico sulle spalle verso Parma. Il 22 luglio il vescovo riuscì a liberare 16 parroci e 5 chierici”.
Intanto diversi sacerdoti erano stati trucidati assieme alla popolazione: da don Baldini ucciso a Camporaghena dai nazifascisti, a don Lorenzelli ucciso con una raffica di mitra dai partigiani comunisti nelle colline bagnonesi .
I fascisti nel 1945 vengono inoltre a sapere che “Il convento dei frati di Soliera è segnalato come centro di collegamento tra le bande, in special modo è attivo un certo frate Lino del convento” (era quel frate Lino che aveva visto di persona gli esiti della strage di Vinca, la disperazione dei superstiti e l’incredibile ammasso di cadaveri).
Ma tra la seconda metà del 1944 e la primavera del 1945 a preoccupare le autorità saranno non solo la popolazione civile, i partigiani e il clero, ma anche i carabinieri , come si legge in una informativa: “intrattenendomi con un militare della polizia di S. Marco, adibito al rastrellamento dei ribelli nella zona di Pontremoli, apprendevo confidenzialmente che i carabinieri dislocati in detta zona, si rifiutavano di indossare la camicia nera e qualcuno è stato visto sputare su di essa”.
Carenze di generi alimentari, borsa nera, azioni di guerra dei partigiani di Gordon Lett e delle altre formazioni dislocate in Appennino, sono altre circostanze annotate nelle informative segrete da chi sembrava ormai aver accettato l’inevitabile sconfitta.

(Riccardo Boggi)